inserito 04/03/2009

Tom Rush
What I Know
[
Appleseed  
2009]



Non capita spesso che un vecchio amico bussi di nuovo alla porta del tempo dopo tanti anni, anche se di passaggio il soffio del ricordo non si era mai affievolito. Tom Rush non faceva un disco in studio da una vita, per la precisione dal 1974, anno di Ladies Love Outlaws, quasi da non credere. Sul lungo percorso che conduce fino ai nostri giorni restano ammonticchiate molte raccolte, altrettanti dischi dal vivo, progetti e sensazioni che prendono forma, ma mai un album vero e proprio, che giunge in un certo senso inaspettato. Per chi bazzica da queste parti il nome di Tom Rush non ha certo bisogno di rispondere all'appello, per il lettore occasionale è bene invece precisare che ci troviamo di fronte a un maestro, un artista che ha contribuito a delineare le coordinate del folk revival dei sessanta per poi stabilire la rotta di una corrente, quella del cantautorato che proprio da quegli anni trae la sua linfa vitale.

Uno di quei rari casi in cui non si può menzionare la tradizione, perché perfettamente rappresentata, basta recuperare un paio di dischi del periodo di massimo splendore, Take A Little Walk With Me e The Circle Game - entrambi targati Elektra - per rendersene conto. Grande voce, carisma da primo della classe, ironia e notevole abilità con la sei corde sono qualità che solo i grandi possono permettersi, anche se non hanno il conto in banca di tanti colleghi più fortunati. What I Know non è un ritorno nostalgico, né un'operazione mediatica per riconsegnare un po' di vitalità da classifica al suo nome, Rush non ne ha bisogno e sa benissimo che il disco non contribuirà certamente a rinverdire i fasti del periodo che fu. Questa nuova fatica è semplicemente un grande disco da parte di un artista maturo, romantico, innamorato, lucido e sincero, che lascia alle spalle l'effervescenza blues per accostarsi a un folk introspettivo, guardando la vita da un gradino più alto dell'esperienza. Non c'è disillusione, solo l'anima di un uomo che attraverso quindici brani (dieci cover e cinque di suo pugno) riflette sull'esistenza e comprime l'emozione attraverso il filtro del tempo.

Produce Jim Rooney, una garanzia, il suono è ricco ma dosato al semitono, dove violino, chitarre, piano e organo si intersecano perfettamente lasciando spazio alla voce e all'espressività di un titano della musica ancora in forma smagliante. Se le composizioni dello stesso Rush rimandano a un passato che non muore - il delizioso uptempo Hot Tonight, il rock dipinto di blues che palpita in One Good Man, oppure la bella ballata River Song, già presente nell'antologia No Regrets - le cover ci fanno riscoprire un grande interprete in grado di personalizzare un materiale variegato, assecondandolo al proprio istinto. È sufficiente citare un brano su tutti, Too Many Memories, una ballata da pelle d'oca eseguita con Emmylou Harris che non ha bisogno di descrizione, solo di un invito ad ascoltarla. Tra gli altri, tutti degni di nota, segnalo East Of Eden (Jack Tempchin), All A Man Can Do (Richard Dean), Fall Into The Night (Eliza Gilkyson), Casey Jones (un traditional riarrangiato ed eseguito insieme a Nanci Griffith), You're Not Here With Me, What An Old Lover Knows, la straordinaria No One Else But You e la finale Drift Away (il brano di Mentor Williams già portato al successo da Rod Stewart). Disco straordinario, consigliatissimo a chi ama il genere e non solo.
(David Nieri)

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