inserito 20/01/2010

Willy Clay Band
Blue
[
Rootsy  
2009]



Una lunga pausa per la Willy Clay Band prima di riprendere la via del loro morbido country rock, direttamente dal circolo polare artico. La band svedese, originaria di Kiruna - regione ai confini con la Lapponia, grande freddo e isolamento nonché una lentezza quasi filosofica nel prendere la vita, che deve avere influito anche sui musicisti - si era portata a casa non pochi applausi (compresi i nostri) per il deliziono affresco Americana di Rebecca Drive. Disco registrato in Tennessee, che vantava il sostegno di Will Kimbrough alla produzione e di gente come Garth Hudson (the Band) e Bucky Baxter in sessione, era un lavoro che illuminava le armonie vocali e il songwriting di Tony Bjorkenvall e Reine Tuoremaa, nomi assai poco adatti a degli outsider del genere più tradizionalista. Eppure quell'album brillava di buon gusto e ariose ballate che nel nuovo episodio, Blue, si affievoliscono quel tanto da ridimensionare in parte la band.

Hanno forse aspettato fin troppo a rifarsi vivi, non sfruttando a pieno le possibilità offerte dall'esposizione internazionale del predecessore. Il merito delle collaborazioni nascondeva dunque qualche immaturità della stessa Willy Clay Band? Poco probabile, anche perché le capacità compositive, la cura del suono, la brillante progressione delle armonie è ancora al centro della loro musica. Sono soltanto brani meno indovinati, a cui certo manca la malizia e la direzione aritistica dei loro "cugini" americani. Blue è comunque un disco ben al di sopra del dilettantismo Americana che si può respirare in molte recenti produzioni: ancora idealmente collocata a metà strada fra i Blue Rodeo (per citare una fonte più vicina ai nostri giorni) e la west coast degli Eagles (per andare alla radice), la Willy Clay Band ama i tempi medi e le ballate agresti che accarezzano il passato. Non è comunque un puro esercizio di stile, nonostante le belle maniere qui siano una regola ferrea.

I risultati migliori arrivano nella prima parte, tra una morbida Most of all, il sound rurale di Jailbird, il folk rock cristallino di Mighty Good Time e True Lies, fino al raffinato country di Stay Down, con la pedal steel di Orjan Maki che scioglie le redini. Blue è un disco che abita le stanze più tenui e assolate del genere Americana, fornendo una via credibile anche in Europa ad uno stile di cui evidentemente la California country rock dei 70s resta maestra. Le melodie nostalgiche che scorrono nelle vene della Willy Clay Band ricordano quella lontana stagione in Solid Ground, Playing in a band, colorandosi di pop in Shading the Sound e tornando alla più ruspante tradizione in Under a Spell. Nulla da recriminare dunque sull'attenzione con cui, anche a livello strumentale, costruiscono la loro ricetta. Manca soltanto qualche canzone più incisiva e magari un po' meno di leziosità, quella che avrebbe reso Blue un album dalle fattezze più robuste.
(Fabio Cerbone)

www.willyclayband.com
www.myspace.com/willyclayband



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