inserito 11/01/2010

The Wiyos
Broken Land Bell
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The Wiyos 2009
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Nella prima metà degli anni '60 le jug band di giovani bianchi universitari che saccheggiavano il repertorio folk e blues pre-guerra per servirlo sul piatto alla generazione beat si inserivano in un clima socio-culturale in cui la (ri)scoperta delle radici della musica popolare faceva fermentare l'aria che avrebbe portato di lì a poco alla contestazione e alla cosiddetta controcultura. Koerner, Ray & Glover (procuratevi Blues Rags & Hollers del 1963, se non l'avete) sono importanti tanto quanto Kerouac per capire l'humus da cui germogliarono Dylan e gli altri a seguire. I Wiyos sono un quartetto di Brooklyn che ripropone la musica degli anni '20 e '30 (swing, piedmont blues, ragtime), si veste come comparse di Gangster Story, cerca nei dischi (non in questo, per fortuna) di ricreare le dinamiche di suono dei vecchi 78 giri (perché non registrare direttamente in mono?)... Tutto ciò nel 2009 non può che suonare come un esercizio di stile, un gioco di ruolo in fuga dalla realtà, incapace di "morderla" e rappresentarla, se non indirettamente (il disordine temporale come cifra della contemporaneità?).

Un'operazione discutibile, che ci dona però - questo sì, bisogna ammetterlo - un mucchio di canzoni gradevoli, ben eseguite, di grande svago "intelligente" (ammesso che non sia un ossimoro). La modernità non è completamente bandita dal suono dei Wiyos, serve a rendere il piatto più ricco, a volte porta ad ibridazioni strambe, come quando melodie anni '30 si accompagnano a un beatboxing hip hop (accade nella ruffiana Roll on Down the Road e nella distorta Stomp, la nostra preferita). In questi casi l'impressione è quella di un Beck innamoratosi di Jelly Roll Morton, ma per il resto solo la pulizia del suono e qualche trucco da studio di registrazione ci fanno capire che siamo nel ventunesimo secolo. Uno sguardo al menù? Dontchletemcatchya è una storia di fuga a ritmo di western swing, con il fiato dell'armonica sul collo e il pungolo della pedal steel alle calcagna. Promenade è una danza sincopata con armonie da barbershop band. Angeline è una dichiarazione d'amore cajun, mentre in All Aboard si parte alla ricerca delle radici del bluegrass. Chiude le danze Valentina, valzer malinconico su cui si spengono le luci.

Rispetto ai tre dischi precedenti questa volta le canzoni sono tutte originali: la differenza non si nota più di tanto, e questo è probabilmente il miglior complimento che i Wiyos vorrebbero sentirsi fare. Ma pur sempre di artefatti si tratta. Un'operazione non molto diversa, se non nelle potenzialità commerciali e di investimento/visibilità, da quella di un Michael Bublé che ripropone il crooning e lo swing alle generazioni che non l'hanno conosciuto. Certo, i Wiyos ci sono molto più simpatici di Bublé, sono indipendenti e sfigati, oltre che dotati di una buona dose di talento. Sarebbe però interessante sentire cosa combinerebbero, una volta messi via i panni old fashion. A ben vedere, poi, tanto sfigati non sono: molta stampa li applaude e Dylan e Mellencamp li hanno apprezzati al punto da volerli in alcune date del loro tour. E' il postmoderno, baby.
(Yuri Susanna)

www.thewiyos.com
www.myspace.com/thewiyos



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