inserito 01/09/2010

John Mellecamp
No Better Than This
[
Rounder/ Universal  
2010]



"All those ghosts. All those spirits. This is a haunted record."
Parole di T Bone Burnett, ancora una volta al fianco di John Mellencamp in quella che è ormai diventata una parabola folk insospettabile, una discesa a patti con le proprie radici di uomo americano. Ebbene si, è pieno di fantasmi e spiriti questo No better than This, così come lo era il suo predecessore Life Death Love and Freedom: ma mentre quest'ultimo metteva in scena una profonda riflessione personale, una resa dei conti con gli errori delle propria vita e le speranze di un artista mai così diretto nell'esporre la sua anima, il nuovo lavoro possiede un senso comunitario, un'idea di America travagliata eppure fiera e luminosa, quasi contrastando con le tenebre e il peso della morte che incombeva nel citato Life Death Love and Freedom. L'altra faccia della medaglia insomma, utilizzando però il medesimo canovaccio: un suono asciuto all'inverosimile, un rock'n'roll spolpato fino all'osso che diventa ora folk music dal carattere brusco, fra ballate che evocano gli spiriti di Woody Guthrie e Jimmie Rodgers, rockabilly scheletrici che invocano l'aiuto di Johnny Cash e Carl Perkins, blues che vanno alla ricerca disperata dello spettro di Robert Johnson, insomma american music condotta al grado zero, che contrasta con qualsiasi idea di stardom che possa essere collegata al successo e alla fama discografica dello stesso John Mellencamp. Un artista duro e cocciuto, coraggioso certamente, che ormai si permette quel che vuole e lo raggiunge cercando l'appoggio di chi, T Bone Burnett compreso, possa dare forma compiuta al suo binomio di parole e musica.

È un altro capolavoro, il secondo di fila: magari meno coeso e affascinante rispetto a ciò che lo ha precedetuto, ma un vero continuum se lo si legge anche in rapporto con il recente box antologico On Rural Route: tredici canzoni che riportano il rocker dell'Indiana nella polvere delle sue small town, dentro l'America profonda, con riflessioni che dall'intimo si spostano verso un carattere più universale e soprattutto popolare, scegliendo spesso la chiave della narrazione, come accade miracolosamente nelle lunghe gesta di Easter Eve, splendido racconto in chiave folk. Relazioni umane, famiglia, senso della comunità, ricerca di una speranza comune, sono soltanto alcune delle colonne su cui poggia un album che spiazzerà ancora chi va in cerca del Mellencamp sfrontato e ribelle degli anni giovanili. Quanto è lontano oggi il cantore di The West End, rabbuiato country blues dalla terra di nessuno, di Right Behind me, hillbilly trafitto dal violino di Miriam Sturm, e ancora di Thinking About You, solo voce e chitarra per commuovere. Il rock'n'roll questa volta è stato infilato in una vecchia stanza, asciugato e scarnificato di ogni orpello: un vecchio registratore Ampex raccattato al mercatino dell'usato, un microfono in mezzo e i musicisti a ruota, mentre lo studio - e che studio, quello storico della Sun records a Memphis - trasudava le sue leggende, da Elvis in giù. Con il cermoniere Burnett ci sono anche Andy York e persino Marc Ribot, il basso di David Roe e i tamburi di Jay Bellerose: suonano come una versione allargata dei Tenenssee Three, basterebbe sentirsi il prodigio di Coming Down the Road e il suo sbuffare inconfondibile, o meglio ancora l'interminabile compianto di No One Cares About Me, su e giù per le colline di una country music dal volto quasi ancestrale, senza tralasciare No Better than This, rockabilly gracchiante da un'altra era geologica.

Operazione nostalgica? Non esattamente, perchè la forza di John Mellencamp è oggi esattamente quella di collocarsi fuori da qualsiasi prigione del music business e di genere, rendere insomma credibile un disco dove Right Behind Me viene registrata nella stanza dello Sheraton Gunter Hotel di San Antonio, la stessa in cui sedette Robert Johnson per le sue prime incisioni con la Brunswick; Love at First Sight e Clumsy Old World addirittura fra le mura della First African Baptist Church di Savannah, la cui fondazione risale a prima della guerra civile, e nonostante tutto questo non suonare affatto ridicolo, semmai ispiratissimo nel suo dirigersi controcorrente. Anche perché No Better Than This, raccontano le cronache, è sbocciato in fretta, lo scorso anno, fra le pause del tour con Bob Dylan e Willie Nelson. Le opere migliori si incidono anche così: in presa diretta, rigirosamente mono, spontanee, con meno confusione possibile intorno alle tue canzoni. John Mellencamp ci è riuscito un'altra volta: che Dio ce lo conservi così.
(Fabio Cerbone)


www.mellencamp.com
www.myspace.com/johnmellencamp



<Credits>