Una tessitura di particolari che s'intrecciano: la batteria perentoria di
Bloodbuzz Ohio, le vibrazioni della chitarra
di Terrible Love, i loop di Lemonworld,
i fiati di Runaway e le dozzine di soluzioni
infilate dentro le canzoni, una dopo l'altra, come introduzione o come coda o
più in generale come piccole deviazioni di percorso formano il suono e lo stile
dei nuovi National. L'allargamento dello spettro sonoro imposto da
High Violet rispetto ad Alligator e a Boxer è palese nel volume, nella
dimensione e soprattutto nel trittico finale di High Violet dove i National aprono
le porte a vere e proprie suite con un allargamento dello spettro sonoro che,
se come vuole tradizione un disco finisce dove cominceranno i prossimi, lascia
filtrare una bella luce dal futuro. I dettagli vanno scoperti ascolto dopo ascolto
nelle trame di High Violet e come la sofisticata copertina, nello stesso tempo
bizzarra e minimale, alla fine il sound è così stratificato da apparire come una
superficie unica su cui scorre, protagonista indiscussa, la voce di Matt Berninger.
Il suo mood, tendente con una certa frequenza al baritono, è un altro
di quegli elementi che i National sembrano usare nel modo più appropriato per
depistare e infatti attorno a High Violet sono apparsi tutti i paragoni possibili,
nessuno in modo opportuno. D'accordo, piaciono a Bruce (Springsteen), ma se è
per questo negli ultimi anni gli sono piaciuti anche i Low Anthem e i Gaslight
Anthem. E va bene, molte atmosfere ricordano un tempo in cui tutto era "new wave"
(chissà cosà vorrà dire, oggi?), ma viene anche il momento di prendere un disco
come High Violet infilarlo dove va infilato e ascoltarlo per quello che è, ovvero
grande musica dei nostri giorni.
Ingolfato di idee, suoni e rumori (tutte
quelle chitarre che potrebbero partecipare al delirio degli Wilco), eccessivo
perché generoso e nello stesso tempo possente e malinconico perché non sono proprio
allegri i tempi a cui tocca questa musica. Ma in High Violet c'è la bellezza di
un'architettura sonora che sicura di scoprire niente riscopre tutto, con una convinzione
sprezzante e granitica. Per quanto mi riguarda, uno dei dischi dell'anno e l'indeterminazione
non dipende certo dai National ma riflette più il fatto che le playlist alla fine
sono moltitudini e che, all'inizo dell'estate siamo solo a metà strada. Ma dovesse
uscire anche il nuovo Blonde on Blonde, High Violet ci sarà. (Stefano
Hourria)