inserito 24/05/2010

Phosphorescent
Here's To Taking It Easy
[
Dead Oceans   2010
]



Phosphorescent aka Matthew Houck, ha sempre dovuto portarsi appresso nel passato lo scomodo fardello dell'inevitabile confronto con Will Oldham, sia per il timbro della sua voce sia per il personale stile musicale tra folk rock e alternative country, che ha contraddistinto le sue produzioni. Dopo l'interlocutorio tributo a Willie Nelson con To Willie, i Phosphorescent riaccendono i nostri cuori con questo Here's to Taking It Easy (da notare in copertina gli occhi di una tigre in sottofondo a scrutare un paesaggio tropicale). L'atmosfera che si respira è scanzonata, molto rilassata proprio come il titolo sta a indicare "to take it easy". Sembra in un certo senso di passare dalla profondità oscura della notte dell'iniziale fase neo-folk-indie dei Phosphorescent alla più quieta serenità del folk-rock di quest'opera. Si ha la sensazione che tutto suoni a meraviglia grazie alla rodata band che da due anni ormai accompagna Matthew in tournée in giro per il mondo. La line up comprende Scott Stapleton al piano, Jeff Bailey al basso, Chris Marine alla batteria, Jesse Anderson Ainslie alla chitarra e Ricky Ray Jackson alla pedal steel.

Non siamo di fronte ad un'opera in solitario come era Pride del 2007 ma in presenza di un una vera band che porta con se l'ombra dei Crazy Horse e che ha come termine di paragone la famosa trilogia di Neil Young (la Doom o Ditch Trilogy). Ingegnere del suono é Stuart Sikes (White Stripes, Cat Power) vincitore di un Grammy con l'ultimo acclamato album di Loretta Lynn, Van Lear Rose, che aiuta a donare all'album un sound spensierato (o Loose come dicono oltreoceano). Scoppiettante inizio con il primo singolo It's Hard To Be Humble (when you're from Alabama) che è un omaggio alla terra natale di Matthew, molto soul con tanto di fiati e accenti elettrici. Nothing was stolen (Love Me Foolishly) é malinconica al punto giusto e ricorda molto Bon Iver per il timbro della voce profondo e riflessivo. Resta comunque la meno convincente della raccolta. Si entra nel vivo dell'opera con We'll be Here Soon intima e struggente, con una steel che regala al brano quel suono southern di frontiera, con un bel ritornello che esplode in un susseguirsi di strumenti legati alla voce di Matthew.

In The Mermaid Parade, secondo hit dell'album, sembra di ascoltare Jason Molina per il crescendo finale: elettrico e ben costruito che lo rende un instant classic. I Don't Care If There's Cursing, che parla dell'apatia per il mondo e delle frustrazioni quotidiane, è contagiosa ed emozionale. Tell Me Baby è molto d'atmosfera, scorre via pigramente ed é adatta per essere ascoltata in un pomeriggio soleggiato. Hej, me I'm light è la canzone più bella del lotto: inizio con voce sussurrata, arpeggio di chitarra e basso ipnotico, seguono i cori di tutta la band che ripetono il titolo e un finale con un assolo di chitarra da brivido nella spina dorsale. Ben arrangiata, vale il prezzo della raccolta. Heaven Sittin' Down è puro country rock polveroso che rende omaggio a Willie Nelson e sembra cantata sotto il portico di casa alla maniera dei Delaney and Bonnie. Los Angeles ha Neil Young e i Crazy Horses nel cuore: "fosforescente" ed epica cavalcata elettrica di quasi nove minuti, con la steel in bella evidenza e i cori ad accompagnare la voce. Un album maturo che ha la sua identità e che suona come un classico dei '70, pur mantenendosi attuale e senza scadere in una mera copia di qualcosa di già sentito.
(Emilio Mera)

www.myspace.com/phosphorescent
www.deadoceans.com



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