inserito 04/10/2010

Robert Plant
Band of Joy
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Rounder  2010
]



Band of Joy era la prima band messa in piedi da Robert Plant prima di formare i Led Zeppelin, dediti a un tiratissimo hard blues (le versioni di Hey Joe e For What's It's Worth su Sixty Six To Timbuku sono un esempio) nella Birmingham Mod della seconda metà dei '60. In onore a questa band Robert ha deciso di intitolare il nuovo album, successore del pluridecorato e vincitore di un Grammy, Raising Sands. Niente a che vedere con la storica formazione che includeva anche l'amico John Bonham, ma la continuazione del discorso lasciato aperto dalla precedente raccolta, con interpretazioni di tradizionali del passato insieme a brani misconosciuti della musica americana in tutte le sue forme (fa eccezione House of Cards). Robert assume alcuni tra i più rispettati professionisti della scena roots/country/americana scegliendo Nashville come sede operativa. La line up dei riformati BOJ comprende: Buddy Miller il vero bandleader che non ha bisogno di presentazione, a cui si dovrebbe dare tanto credito quanto a T- Bone Burnette, Darrel Scott (notevole l'ultimo A Crooked Road) alla steel, banjo e mandolino, Byron House al basso e Marco Giovino alle percussioni. Menzione a parte va fatta per il pregevole contributo di Patty Griffin (anche l'ultimo Downtown Church è stato prodotto da Miller) con la sua unica voce in grado di reggere il confronto con Alison Krauss e capace di regalarci interpretazioni da pelle d'oca.

La più grossa sorpresa è il riconoscimento che Plant regala ai Low con ben due loro canzoni veramente azzeccate, riuscendo a ricreare quell'inimitabile mantra sonoro (dai tempi rallentati e armonie minimali) del gruppo di Duluth. Si dice che Robert abbia tenuto in auto per 8 anni i loro cd ascoltando soprattutto "The Great Destroyer" poiché sia Silver Rider che Monkey provengono da quel gran album. BOJ in generale funziona nelle interpretazioni più raccolte e intime, dove la voce di Robert esce allo scoperto senza fronzoli e orpelli che in quelle più veloci e ritmate tra cui l'iniziale Angel Dance (dei Los Lobos, da The Neighborhood) o la funky Even This Shall Pass Away (tratto da una poesia di Theodore Tilton) un po' bruttine e sottotono.

Era dai tempi di "Led Zeppelin III" che la voce di Robert non era così intensa e potente e si sente nell'omaggio al folk inglese di House of Cards (di Richard Thompson, da First Light). Patty e Robert ricreano quell'atmosfera folkish figlia dei Fairport Convention e dei coniugi Thompson, con Buddy e Darrel alle chitarre e mandolino a svolgere quel lavoro oscuro per un pezzo deciso e riuscito. Central 2 O Nine è il rifacimento di un vecchio brano di Lightin'Hopkins, un country stomp-blues nudo e crudo con banjo e chitarra acustica che ci regala atmosfere da old time string band. You Can't Buy My Love è un vecchio Northern Soul hit reso celebre da Barabra Lynn; l'interpretazione presenta un suono molto merseybeat con il basso pulsante e vede Patty fiancheggiare Plant in un pezzo tirato con accenti R&B, anche se non risulta così trascinante come l'originale. Atmosfere doo-wop si ascoltano in Falling In Love Again (originaria dei Kelly Brothers) con la voce dell'ex Zeppelin ricca e morbida, che assomiglia a quella dell'Elvis più sdolcinato, con un gran lavoro di Scott alla steel.

L'altra sorpresa e il rifacimento di The Only Sound That Matters dei Milton Mapes (da Westernaire); il brano acustico (con bella chitarra twangy) è molto bello e la voce di Robert è più che mai viva e presente. Ma veniamo ai due capolavori dell'album, i tradizionali Cindy I'll Marry You Someday (una folk song che si trova in varie compilation di Alan Lomax) e Satan Your Kingdom Must Come Down (rifatta anche dagli Uncle Tupelo). I BOJ danno nuova linfa a queste canzoni popolari con interpretazioni scarne ed essenziali che contengono il folk blues più indemoniato e che bruciano con l'aiuto di tutto il gruppo. Forse la migliore interpretazione è quella di Harm's Swift Away, canzone scritta da Townes Van Zandt ma mai incisa. Robert ammirava tanto Townes e ha voluto omaggiarlo reinterpretando l'ultima canzone da lui scritta, che doveva essere contenuta nell'album dei Two Dollars Guitar di Steve Shelley prima che TVZ finisse all'ospedale e morisse 5 ore dopo il suo rilascio per un infarto. Plant ha incontrato la sua terza moglie Jeanene la quale donò, tra le tante cose del marito, una copia del brano. La voce di Robert assume i contorni e gli accenti di un tempo e l'interpretazione lascia a bocca aperta per l'intensità e la tristezza che infonde. Un disco che cresce dopo vari ascolti, che contiene vere e proprie perle, e che tuttavia scade in altre cover non sempre riuscite.
(Emilio Mera)

www.robertplant.com



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