inserito 06/06/2011

My Morning Jacket
Circuital
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ATO 2011
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Non chiamatelo "un ritorno alle nostre radici", come si affretta a dichiarare il ribattezzato leader Yim Yames, nonostante lo stesso si smentisca un secondo dopo facendo riferimento al titolo e alla canzone omonima, Circuital, come ad un sorta di percorso circolare, appunto, che conduce i My Morning Jacket verso il passato, la terra d'origine in Kentucky e naturalmente un suono più consono alla loro formazione di indie rock band dal cuore tradizionale. Disco stranamente conciso per quanto ci avevano abituati, è senza dubbio una dichiarazione di resa rispetto agli eccessi di sperimentalismo che li avevano trascinati oltre ogni barriera nel confuso, sfuocato Evil Urges. Potremmo persino parlare di compromesso per Circuital, se la parola non suonasse con una connotazione troppo negativa: in realtà, la produzione limpida e più semplice possibile, architettata con Tucker Martine in un vecchio ginnasio di una chiesa locale del Kentucky, mostra l'esigenza di mediare fra le pulsioni, sempre presenti, di forzare oltre il limite le fondamenta del gruppo e dall'altra di ritrovare la via di casa.

In tal senso Circuital è forse il classico disco di passaggio, che fa il punto della situazione dopo la sbornia degli anni passati e cerca di portare a maturazione tutta l'esperienza accumulata. Di questo passo di svela come un'opera pacificatrice e assai meno irrefrenabile del suo predecessore, ancora attraversata da indecisioni e prospettive che dovranno assestarsi, ma godibile nel suo insieme. Certamente per chi ha apprezzato il "country cosmico" e la rilettura in chiave psichedelica dell'eredità southern rock dei primi lavori (soprattutto At Dawn e It Still Moves), ritrovare gli slanci e l'epica delle chitarre nella title track oppure la fragilissima e dolce struttura acustica di Wonderful (The Way I Feel) sarà una piacevole boccata d'ossigeno, fermo restando che i My Morning Jacket sono una band troppo audace e irrequieta per fermarsi alla citazione. Circuital dunque è sempre percorso da una smania di suggestioni e deviazioni che rendono sfuggente la fisionomia di questi musicisti: un pregio in buona parte, ma anche un difetto quando il grado di caos prova a forzare la mano e unire l'impossibile.

Accade quando una straniante Holdin' On to Black Metal intreccia fiati in odore di selvaggio r&b, cori fanciulleschi e una solennità degna dei Pink Floyd più eccessivi, e ancora quando la successiva First Light spinge fino all'estremo la componente black dell'album, oppure The Day Is Coming prova a misurarsi sul terreno di un pop sognante e zuccheroso, come se Yim Yames e compagni si fossero improvvisamente innamorati dei 10CC. Costretti invece a riflettere su se stessi, ragionando sulle proprie qualità di scrittura, i My Morning jacket continuano ad essere quella elettrizzante, eccentrica macchina del tempo che imbratta con imprevedibilità i linguaggi dell'american music, mettendo insieme Beach Boys, country rock, pop psichedelico (Outta My System, You Wanna Freak Out, Slow Slow Tune) e un finale molto struggente nelle braccia del soul più estatico (Movin' Away). Ancora lontani dalla perfezione forse, ma più disponibili a dare credito alle canzoni.
(Fabio Cerbone)

www.mymorningjacket.com


   


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