inserito 08/09/2011

Nick 13
Nick 13
[
Sugar Hill  2011
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Non è il primo e non sarà certo l'ultimo caso di felice comunicazione fra tradizione country e ribellione punk. Potremmo citare il clamoroso e riuscito binomio di Mike Ness, leader dei Social Distortion fulminato sulla via del rockabilly e di Johnny cash, che in realtà manca all'appello con un disco solista da troppo tempo ormai. Per i nostalgici potrebbe coprire l'assenza Nick 13, nome d'arte di Nick Jones da San José, California, già trascinatore dei Tiger Army sulla scena punk rock californiana e oggi reinventatosi con successo come romantico cantore di ballate dal sapore country&western. Un'operazione ad effetto questo omonimo debutto, che evidentemente il buon Nick cullava da tempo, anche perché le influenze di tutta la tradizione nashvilliana, il rock'n'roll della Sun e buon ultimi il Bakersfield sound e l'honky tonk degli anni '60 erano comunque nascosti sotto i riff e l'elettricità della sua band di riferimento. Gli elementi del trio, con contrabasso e scarna batteria, richiamavano già una sorta di psichobilly, imbastardimento del primo rock delle radici che ha sempre avuto una scena molto ricettiva negli States. Nick 13 appare invece qualcosa di più educato, elegante e decisamente tradizionalista, un omaggio riuscitissimo al sound country dell'epoca d'oro, ad una Nashville che non esiste più o quasi e che rivive in questo pugno di canzoni, dieci in tutto per una quarantina di minuti scarsi, secondo le regole di una volta.

La voce gentile, accogliente e melodica di Nick 13 ricorda Chris Isaak e Raul Malo, anche negli arrangiamenti, tra una sentimentale In The Orchard che non avrebbe sfigurato nel repertorio dei Mavericks più sdolcinati e una Nashville Winter dai colori cristallini. I punti di riferimento d'altronde sono certamente molto simili, anche se va ammesso che Nick 13 guarda con più affetto a Buck Owens, a certo country californiano, naturalmente anche ad un discepolo e poi maestro egli stesso come Dwight Yoakam, aggiungendovi un tocco western tutto personale: ad esempio l'epica Carry My Body Down e la chiusura con Gambler's Life, un titolo che dice tutto dell'immaginario evocato dall'album. La dolcissima Restless Moon diffonde invece fragranze da border grazie all'accordion di Mike Webb; la più ruspante 101 è sospinta da un inconfondibile (e necessario) twang sound delle chitarre, e così anche Nighttime Sky, altro banco di prova per la morbida vocalità di Nick 13.

Quest'ultimo brano, così come Cupid Victim, è marchiato a fuoco dalla leggendaria pedal steel di Lloyd Green: è soltanto uno dei tanti nomi di prestigio che accrescono il valore strumentale di un disco che risulterà semplicemnete una goduria per chi ama le sonorità più classiche del genere. Greg Leisz infatti produce con James Intveld e entrambi ci mettono lo zampino, il primo con chitarre, pedal e lap steel, il secondo al basso, scegliendo poi per ogni singolo brano l'ospitre più azzeccato. Profumi di vecchia America allora, disco senza dubbio dall'intenso sapore retrò, eppure una delle uscite strettamente country più fresche del 2011.
(Fabio Cerbone)

www.nick13.com


   


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