Parsons
Thibaud Transcontinental Voices
[Blue Rose
2011]
C'è un'idea molto precisa
di songwriting che si cela dietro l'avventura a quattro mani fra Joseph Parsons
e Todd Thibaud: è quella di una tradizione di folksinger che curano con
semplicità il portamento delle canzoni, scuola di artigiani che usano parole intime
e suoni pennellati con mano leggera, stando bene attenti a restare dentro le regole
di stile e genere. Transcontinental Voices è un disco di dieci canzoni
e una mezz'ora abbondante dove prima di tutto risalta la sincerità e il fine linguaggio
folk rock dei due protagonisti, mentre alle sorprese o agli spiazzamenti ci penseremo
un'altra volta. Qui restiamo nei territori di una canzone Americana dalla bella
calligrafia, senza scossoni, eppure esposta con versi accorati: i due autori si
passano la palla cercando sempre di venirsi incontro, amalgamando voci ed espressioni
coadiuvati dalla sezione ritmica formata da Matt Mur (batteria) e Pete Donelly
(basso, hammond, già nei Figgs al fianco di Graham Parker). L'effetto finale è
gradevolissimo nella sua onestà, a patto di non chiedere a Joseph Parsons e Todd
Thibaud variazioni su un tema molto esclusivo: ballate elettro-acustiche e tempi
medi che si accavallano senza soluzione di continuità, con buona pace delle due
anime dei protagonisti, più squisitamente melodica quella di Thubaud, più inquietà
e folkie quella di Parsons.
Se il loro esordio consisteva soprattutto
di trame acustiche e rielaborazioni di repertorio, Transcontinental Voices ha
se non altro dalla sua parte la forza di un vero progetto inedito, collaborazione
rafforzata dai tour in coppia, specialmente in Germania. L'esito è ammirevole
pur nella già evidenziata ristrettezza stilistica: Broken
Sparrow possiede accordi semplici e luminosi, Gaze
raddoppia le voci e ribadisce l'anima un po' dylaniana del duo, Drowning
e I'm Right Here scelgono la via
di un raccoglimento un po' malinconico e non sbagliano certo obiettivo. Il vantaggio
è dato anche dalle qualità vocali di Parsons Thibaud, autori che hanno
sempre sostenuto il loro percorso artistico con tali caratteristiche, coprendo
magari l'assenza di originalità.
Nel caso di Transcontinental Voices è
evidente che poco o nulla si possa aggiungere o togliere alla solidissima scrittura
già messa in evidenza nei loro lavori solisti: qualcuno giustamente ha ricordato
l'accostamento con i colleghi Mark Erelli e Jeffrey Foucault e non siamo lontani
dal vero nel tracciare questa sensibilità comune, soprattutto per il ruolo di
autentici outsiders. Nel caso di Parsons e Thibaud c'è persino del mestiere in
più, la capacità insomma di rivoltare lo stesso terreno (So
Unkind, Float, Loaded
Guns) senza apparire eccesivamente stucchevoli, anche quando una scossa
in più, un graffio rock, di cui in fondo sono capaci, non avrebbero stonato nella
natura comunque molto intima di queste canzoni d'amore. (Fabio Cerbone)