inserito 10/10/2011

Rod Picott
Welding Burns
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Welding Rod Music  
2011]



Strano caso quello di Rod Picott, oggi tra i più credibili cantori della depressione americana, di un'economia in ribasso che si riflette sulle vite quotidiane della gente comune, ma in verità originario del Maine e da qualche anno in cerca di migliori fortune a Nashville. Verrebbe invece da pensare ad un tipico caso di songwriter del Midwest, con quei suoi orizzonti in disfacimento raccontati con tale inquietudine da Philipp Meyer in Ruggine Americana (Einaudi, 2010). Ma l'America è grande, la strada sempre disponibile: basta viaggiare, possedere un'anima da hobo, avere magari un passato di duro e serio lavoro manuale e allora le parole escono sincere a qualsiasi latitudine. Picott non è un nome nuovo per queste pagine: la sua carriera in ombra sulla scena country d'autore, le amicizie con Slaid Cleaves e Fred Eaglesmith, la collaborazione con la violinista Amada Shires (nel disco Sew Your Heart With Wires) hanno tracciato un percorso coerente, che lo mette in comunicazione diretta con John Prine, Tom T Hall, lo Springsteen più acustico e "imbronciato", in generale con i narratori di una terra americana nascosta alla vista. Welding Burns, quinto episodio in rigorosa indipendenza, non fa che accentuare questa dimensione del piccolo racconto, evidenziando il talento per ballate asciutte, tre accordi e la verità come si diceva un tempo.

È il lavoro migliore della sua carriera, equilibrato nel suo folk rock dai toni bruschi e agresti, con qualche scatto elettrico ma nell'insieme incentrato soprattutto sulla rappresentazione delle parole. Il linguaggio musicale di Welding Burns apparirà invece essenziale, genuino come richiede questa tradizione di storyteller di razza. Rust Belt Fields non è posta a caso in apertura: il lavoro prende altre strade, vola in Messico e Cina, le fabbriche chiudono e la geografia umana dei luoghi cambia per sempre pelle. Anche la title track, più cadenzata e robusta nell'incedere, ruota intorno a questo immaginario da crisi economica, legandosi alla ruvida ambientazione bluesy di 410, storia di una deriva personale di un disoccupato, e infine alle tonalità hillbilly di Sheetrock Hanger, segnata dal fiddle di Amanda Shires. La presenza di quest'ultima si accompagna ad altri musicisti che da qualche stagione collaborano con Picott, tra cui David Henry, Paul Griffith e Paul Slivka, formando una sorta di team produttivo che garantisce al principale protagonista un terreno familiare su cui giostrare le sue composizioni.

E così realmente avviene anche nei momenti più raccolti e acustici di Welding Burns: Black T-Shirt e Little Scar, la romantica Jealous Heart, sussurrate su un leggero picking di chitarra, una steel in lontananza, osservanti di un modello di folk song che non morirà mai. Nel finale il clima malinconico che percorre fatalmente l'intero disco trova la chiave per una luminosa ballata a due voci con Amanda Shires: Still I Want You Bad abita il lato più intimista dell'autore e apre ad una significativa speranza, la stessa che sembra accendere il terso folk rock di When My Running Is Through. La semplicità ogni tanto paga ancora: bastano buone canzoni e Rod Picott le possiede tutte.
(Fabio Cerbone)

www.rodpicott.com



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