inserito 09/02/2011

Greg Trooper
Upside-Down Town
[
52 Shakes Records  2011
]



Una banalità, se volete: Greg Trooper scrive belle canzoni. Semplici, rotonde, con un fuoco soul che crepita sotto la superficie folk e country della sua scrittura da classico storyteller americano. L'accusa più facile (e certo giustificata) che gli si può muovere è quella di incidere più o meno sempre lo stesso album, da quando una pletora di colleghi si sono accorti della sua penna e lo hanno in qualche modo aiutato a fare i bagagli dal periferico New Jersey per approdare nel cuore del songwriting Americana che conta. E tuttavia, di fronte all'ennesima collezione di ballate con l'anima divisa fra Nashville e Memphis, fra Hank Williams e Otis Redding (come ama sottolineare lo stesso autore con una certa enfasi), non si può non confermare la classe di un musicista che "fa il suo mestiere", giostrando come pochi quelle tre/quattro regole essenziali per scrivere una canzone che arrivi dritta ai sentimenti dell'ascoltatore. Upside-Down Town dunque non cambierà il destino di Greg Trooper, ne tanto meno quello di chi lo ha sempre apprezzato nella sua carriera: semmai lo condanna oggi ad una auto-produzione che lo mette fuori gioco anche rispetto alla Nashville che conta.

Niente più Sugar Hill insomma, etichetta di un certo prestigio, e niente più produttori di grido, forzato a cercare il finanziamento dei suoi sostenitori attraverso il web, prima di vedere la fine del tunnel e portare in dono dodici nuovi episodi che viaggiano sulle strade secondarie del folk rock americano. Non si pensi però ad un disco rattoppato all'ultimo momento: Upside-Down Town poggia su musicisti di lungo corso - Kenneth Blevins (John Hiatt) alla batteria, Kevin McKendree (Delbert McClinton) al piano e chitarre, David Jacques (John Prine) al basso - e su quelle idee che forse mancavano al precedente The Williamsburg affair, miscellanea di scarti e inediti che lasciava intuire un momento di riflessione.

Trooper riparte oggi dalle sfumature soul di Nobody In The Whole Wide World, persino da un suono più elettrico e pulsante nelle ballate (la migliore si chiama Bulletproof Heart, per testo e intensità di interpretazione, ma anche Dreams Like This e Time For Love si difendono bene nello svolgere country rock di solida fattura), anche se il suo marchio di fabbrica resta quella voce così chiara e compassionevole, capace di sorreggere piccoli bozzetti acustici (They Call Me Hank, la dolce We've Still Got Time, una Just One Hand che viaggia sul velluto fra acustiche e accordion) che avremmo sentito mille volte. Might Be a Train da una spruzzata di vispo hillbilly rock, bilanciando la scaletta, mentre Everything Will Be Just Fine chiude con una rassicurazione, fin dal titolo. Insomma, un po' come la musica di Greg Trooper.
(Fabio Cerbone)

www.gregtrooper.com
www.myspace.com/gregtrooper

 

   


<Credits>