inserito 26/09/2011

The Waterboys
An Appointment With Mr Yeats
[
Proper  
2011]



Il peso di William Butler Yeats sulla cultura irlandese (o anglosassone in generale) è forse pari a quello del Manzoni sul romanzo italiano. Poeta del misticismo, del recupero delle tradizioni e dell'armonia uomo-natura, le sue poesie si sono sempre prestate ad essere ispirazione e riferimento di molti artisti rock nord-britannici (Van Morrison su tutti, ma brani a lui dedicati appaiono anche nei repertori dei Cranberries, Loreena McKennitt e tanti altri). I Waterboys lo avevano già tradotto in musica con The Stolen Child su Fisherman's blues, e da allora Mike Scott ha cominciato a lavorare su un progetto ambizioso, un intero disco di brani derivati dai testi del sommo poeta di Dublino. Una traccia del suo lavoro era già finita nel disgraziato Dream Harder del 1993 (Love And Death), ma solo oggi possiamo finalmente ascoltare il frutto di vent'anni di paziente studio della metrica yeatsiana, un progetto che i Waterboys stanno portando in tour già da un anno. Registrato con formazione alquanto allargata (vanno notati i felici innesti della voce di Katie Kim e della tuttofare Kate St John), An Appointment With Mr Yeats è un disco che recupera il suono più classico dei Waterboys, a sorpresa non tanto quello tradizionale di Fisherman's Blues, quanto quello più pop e anni 80 di This Is The Sea (Politics o i brillanti sette minuti di September 1913 sono l'esempio più lampante), con grande sfoggio di tastiere a duellare con i vari strumenti tradizionali (flauti, violini, oboe, corni).

Basta ascoltare la paradisiaca Song Of The Wandering Aengus per rendersi conto di come Scott abbia finalmente trovato la giusta quadratura al suono Waterboys, evitando gli scivoloni di strani ed improbabili sound radiofonici alla A Rock In The Weary Land (2000), ma nemmeno cadendo nella ripetizione di sè stesso del precedente Book Of Lightning. La difficoltà di seguire fedelmente la ritmica di poesie altrui rende inevitabilmente alcuni episodi fin troppo funzionali solo al progetto (The Hosting Of The Shee, Before The World Was Made o la teatrale News For The Delphic Oracle), un difetto difficilmente evitabile in queste operazioni (ci è caduta anche la Natalie Merchant recente di Leave Your Sleep, progetto davvero simile nella forma), ma quando Scott trova la giusta sincronia tra melodia e parole, ne escono piccole gemme come Sweet Dancer, A Full Moon In March o White Birds, vale a dire i titoli migliori del loro repertorio dai tempi di Room To Roam.

Limitati all'essenziale gli azzardi stilistici (il blues di The Lake Isle Of Innisfree è davvero insolito per il marchio, ma l'esperimento tutto sommato funziona bene nel contesto), Scott viaggia sul sicuro su terreni che gli sono congegnali, sempre in bilico tra tradizione e modernità (Mad As The Mist And Snow, tra gighe irlandesi e voci filtrate, esalta al massimo questo matrimonio). I tempi d'oro restano forse lontani, ma sentirli così ispirati è sempre un enorme piacere.
(Nicola Gervasini)


www.mikescottwaterboys.com


   


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