Reto Burrell
Shaking Off Monkeys

Blue Rose
2002



"A pop-rock masterpiece"
recitano le note di presentazione della Blue Rose e per una volta non siamo molto lontani dalla verità. Noi aggiungiamo che Shaking Off Monkeys, oltre ad essere un gioiellino d'altri tempi, è anche la prova schiacciante di come certo linguaggio rock'n'roll dal taglio classico e stradaiolo sia ormai stabilmente di casa più in Europa che negli States, dove di roba del genere non sanno nemmeno che farsene. Tutto vero, visto che Reto Burrell è un ragazzo svizzero, nativo di Lucerna, cresciuto con gli insegnamenti del padre (di origini inglesi) e parecchio American rock nelle orecchie. Non sorprende tanto la sua educazione musicale, ma travolge la capacità di averla tradotta in un disco ineccepibile per sonorità, arrangiamenti e corposità del suono, di gran lunga superiore a molti prodotti "Made in Usa". Pop-rock scintillante e con un pizzico di malizia radiofonica (Baby Blue e Hey You sono due singoli che molti vorrebbero saper scrivere), chitarre frizzanti che suonano come di dovere (lo stesso Reto e l'ottimo Charlie Zimmerman), contorno sostanzioso di organi, piano e wurlitzer ed una produzione (Adam Steinberg, con Howie Weinberg alla masterizzazione) che non sbaglia un colpo, densa e compatta. Dietro l'angolo le ombre insistenti di Tom Petty e degli Heartbreakers, uno spumeggiante jingle-jangle aggiornato al 2002 (It Doesn't Mean a Thing, Mr. Sorry), continui rimandi a quel filone di rock'n'roll band con la testa impastata di melodia, Wallflowers e Gin Blossoms su tutti, ed una seria minaccia nei confronti di altri outsiders del genere (Todd Thibaud e Pete Droge i suoi compagni-rivali). Niente riempitivi e pochi passi falsi (gli archi in Simple Things, un poco fuori misura), predilezione per ballate vivaci e tempi medi (Habits), rock'n'roll sempre incalzante (l'accoppiata Back Home e Take It or Leave It ti lancia sulla strada in un baleno) ed il miracolo è fatto: un'autentica rivelazione.
(Fabio Cerbone)

www.retoburrell.com