Le voci di un ritorno di Jay Farrar all'essenza acustica e solitaria
delle sua musica circolavano da tempo: l'uscita di Terroir Blues
sembrava fin dall'inizio catalizzare le speranze della vecchia guardia
di fans, tutti quelli che dall'era mitologica degli Uncle Tupelo all'alternative-country
dei Son Volt si erano invaghiti delle ballate malinconiche di un ragazzotto
di provincia. Sebastopol
aveva rappresentato il salto nel buio, la voglia di scrollarsi di dosso
i fantasmi del passato e le etichette di eroe del suono roots, provando
una via più personale al suo songwriting: un disco a tratti scontroso,
spiazzante negli arrangiamenti, ma di grande coraggio e con canzoni che
sotto la nuova pelle sperimentale avevano tante carte da giocare. Terroir
Blues doveva in qualche modo esserne una naturale prosecuzione: indeciso
sul da farsi, incupito più che mai, Farrar rimane al palo, non
torna a rivangare il passato, ma non riesce neppure a dare una forma più
consistente alle sue idee. Il risultato è un disco in fase di stallo,
lungo e assai noioso, infarcito di ballate acustiche addobbate da qualche
accorgimento modernista, senza tuttavia abbadonare una formula scarna
e dimessa. Ventitrè episodi, accresciuti però nel numero
da sei brevi passaggi strumentali (Space Junk), che segnano il
debutto della personale etichetta Act Resist records. Tutto ciò
non è tuttavia il sintomo di un nuovo corso: relegati a Fool
King's Crown i pasticci elettronici del recente passato, l'anima di
Terroir Blues è racchiusa in una serie estenuante di ballate a
cavallo tra radici folk-blues e atteggiamenti low-fi. No Rolling Back,
Hard is The Fall, Haging on To You, per giunta inspiegabilmente
riproposte nel finale in altra versione, possiedono tutte strutture
pericolosamente simili: guidano le chitarre di Farrar e Mark Spencer,
arrotondano la pedal steel di Eric Heywood e qualche volta un timido
accenno di batteria, Cahokian ci aggiunge un pomposo accompagnamento
di violoncello e Out On The Road persino un flauto. Fra tanta malinconia
acustica certo non mancano impennate d'ispirazione (California,
la panistica Dent Country, l'elettrica All of Your Might),
ma la sensazione di un'occasione sprecata non svanisce.
(Fabio Cerbone)
www.jayfarrar.net
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