E'
un ritorno a casa in grande stile quello che i Jayhawks hanno architettato
in Rainy Day Music, titolo mai così rivelatore e
suggestivo, che racchiude il senso di una raccolta interminabile di ballate
perse tra i boschi della California. Perchè Gary Louris
e Marc Perlman le sanno scrivere le ballate, di quelle che ti scaldano
il cuore, che sanno toccare le corde dell'anima senza sbavare mai nella
melassa, nonostante i cori celestiali, le chitarre scintillanti, gli organi
e i violini a profusione. Un ritorno alle origini, ma senza negare il
passato prossimo: Gram Parsons e Neil Young (Tampa to Tulsa, Tailspin)
, Byrds e CSNY (Stumbling Through the Dark, Save It for a Rainy
Day, Angelyne) non se ne sono mai andati, ma tra radici country-rock
e melodia (Come to The River) spuntano svisate pop (One Man's
Problem) degne solo dei loro ispiratori primari (più i misconosciuti
Big Star che i decantati Beatles). Non sono passati invano Sound of Lies
e Smile, nonostante gli anatemi dei puristi e le delusioni degli irriducibili
dell'alternative-country: Rainy Day Music non è Hollywood Town
Hall, Marc Olson sta da tutt'altra parte, ma le quattordici canzoni riunite
per l'occasione sono il risultato più coeso ed entusiasmante che
siano riusciti a tirare fuori da molti anni a questa parte. Sarà
forse quest'aria da Big Pink (la fattoria dove The Band incise il suo
primo capolavoro) che si respira, saranno gli amici chiamati a raccolta
(Jakob Dylan e Matthew Sweet), il banjo di Bernie Leadon (con Bob
Dylan e mille altri), le chitarre di Stephen McCarthy (ex Long
Ryders) o magari la produzione dal taglio seventies di quel funanbolo
di Ethan Johns, resta il fatto che Rainy Day Music inonda di frizzanti
melodie la nostra mente, non smette mai di commuovere e ci riappacifica
con una band che non si era affatto persa...semmai eravamo stati noi a
rinnegare.
(Fabio Cerbone)
www.losthighwayrecords.com
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