Okkervil River - Down the River of Golden Dreams Jagjaguwar 2003

La semplicità, la ricerca di una comunicazione senza filtri, sono le parole chiave per comprendere la fragile bellezza del terzo lavoro degli Okkervil River. Non si tratta di una novità assoluta, è vero, il disco è sul mercato da diversi mesi ormai. E' valsa la pena però ritornare sui nostri passi e fare luce su queste ballate struggenti, che hanno ricevuto una buona accoglienza anche sulla stampa nazionale. Poco ci importa di arrivare in seconda battuta: non è mai troppo tardi per riscoprire dischi che possiedono un fascino dimesso come Down the River of The Golden Dream. Il titolo è già di per sè un invitante prologo: gli Okkervil River richiamano da subito atmosfere sognanti che si palesano poi nel loro limpido folk-rock. L'intuizione di Will Sheff (voce e chitarre) è di arricchire queste canzoni con piccoli dettagli, usando una vasta gamma di strumenti e mantenendo comunque un'impronta acustica, roots diremmo. Originari del New Hampshire e ristabilitisi ad Austin in cerca di maggiori consensi, gli Okkervil River hanno completato l'organico con gli inserimenti essenziali di Zachary Thomas (basso, mandolino) e soprattutto di Jonathan Meiburg, che con piano, organo hammond, mellotron, fender rhodes e wurlitzer lascia un segno indelebile sulle canzoni della band. Giusto il tempo di far quadrare il nuovo assetto attraverso i due precedenti tentativi, Stars Too Small to Use Orchard (2000) e Don't Fall in Love With Everyone You See (2002), un'apparizione al ben noto South by The Southwest festival e finalmente la piena maturità raggiunta in Down the River of The Golden Dream. Il quale si apre con l'omonimo strumentale, un piano e una melodia da vecchio saloon del West che introduce alle radici del gruppo. Non si tratta però, badate bene, di un discorso strettamente alternative-country, vicino al rock rurale della provincia americana (ad eccezione forse della chiusura affidata alla country-oriented Seas Too Far to Reach): la sensibilità degli Okkervil River appare più complessa, pur nell'estrema semplicità dei loro arrangiamenti. Sembrano ispirarsi fedelmente alla pastorale carica di The Band, innestando sulla solida base di chitarre acustiche, organi grondanti di soul, piccole sezioni d'archi, e qualche strumento a fiato (nella strepitosa Blanket and Crib). Nello stesso tempo si allineano perfettamente a certo new-folk americano (Songs: Ohia, sopratutto, Will Oldham, in parte), con la giusta dose di depressione e malinconia a fare da guida in Maine Island Lovers e Yellow. La voce straziante di Sheff è l'ideale accompagnamento per brani dalla forte emotività quali It Ends With a Fall e For the Enemy (con un finale in crescendo che mette i brividi), in grado di passare da toni crepuscolari a improvvisi momenti di trasporto (in Song About a Star sembra persino di ascoltare dei Counting Crows un po' più acerbi). Non finiremo mai di stupirci delle capacità di questi giovani musicisti americani nel riadattare e dare nuova spinta alle radici folk del loro passato
(Fabio Cerbone)

www.okkervilriver.com