Mark Lanegan Band - Bubblegum Beggar's Banquet  2004

 

Era nell'aria una svolta per Mark Lanegan, lo si era capito con la pubblicazione di Here Comes That Wierd Chill lo scorso inverno, l'ep che di fatto anticipava il nuovo Bubblegum. Ed eccolo finalmente questo oscuro capolavoro di dark-blues in cui i temi che da sempre caratterizzano le sue composizioni assumono connotati ancora più spettrali e minacciosi, perché Mark è tornato a fare rock, a rumoreggiare con le chitarre elettriche e di questo non possiamo che essere soddisfatti. Personalmente lo attendevo con ansia al varco: era quasi obbligatorio per lui un cambiamento. Fields Songs a mio parere mostrava già dei segni di cendimento o comunque si presentava come un lavoro di transizione, già proiettato verso futuro, ma ancora legato alle atmosfere acustiche, da autentico songwriter contenute nei bellissimi Scraps at Midnight e Whiskey For The Holy Ghost. In Bubblegum lo stile di Lanegan è immediatamente riconoscibile (One Hundred Days, Morning Glory Wine, il folk della breve Bombed), solo che la musica si è indurita. Le esperienze con i Queens Of The Stone Age e le Desert Sessions hanno riacceso in lui la voglia di alzare il volume, solo così si spiegano Sideways In Reverse o l'eccitante punk-blues di Driving Death Valley Blues. Attribuito alla Mark Lanegan Band, Bubblegum è forse il segnale di una maggiore apertura con gli altri musicisti, la necessità di mettersi in discussione e di suonare fianco a fianco con una rock'n'roll band come ai tempi degli Screaming Trees. Moltissimi gli ospiti, tra cui naturalmente non potevano mancare Josh Homme e Nick Olivieri dei citati Queens Of The Stone Age, e poi la bravissima PJ Harvey che duetta divinamente in Hit The City e Come To Me, Izzy Stradlin, Greg Dulli (Afghan Whigs), Chris Goss (Masters of Reality). Nessuno sposta di una virgola il suono di Lanegan. Le ballate si sono però trasformate in blues ipnotici, con una strumentazione minima, qualche battito elettronico, sempre di grande gusto, e la voce cavernosa in primo piano. Così l'iniziale When Your Number Isn't Up, Wedding Dress e l'appassionata Come To Me. Non tragga perciò in inganno il titolo, in assoluto contrasto con il contenuto: non c'è traccia di pop music in questo disco, che anzi è tormentato, tenebroso più di prima e non di così facile approccio. A cominciare dalla già nota Methamphetamine Blues, un blues-rock allucinato e rumoristico che potrebbe provenire da Tom Waits, un riferimento che ritorna nella preghiera di Like Little Willie John, bellissimo brano in odore anch'esso di blues e gospel, ovviamente riveduto secondo la sensibilità di Mark. Un'altra imperdibile tessera nelle sua già pesante discografia.
(Tommaso Piccoli)

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