Era nell'aria una svolta per Mark Lanegan,
lo si era capito con la pubblicazione di Here Comes That Wierd Chill lo
scorso inverno, l'ep che di fatto anticipava il nuovo Bubblegum.
Ed eccolo finalmente questo oscuro capolavoro di dark-blues in cui i temi
che da sempre caratterizzano le sue composizioni assumono connotati ancora
più spettrali e minacciosi, perché Mark è tornato a fare rock, a rumoreggiare
con le chitarre elettriche e di questo non possiamo che essere soddisfatti.
Personalmente lo attendevo con ansia al varco: era quasi obbligatorio
per lui un cambiamento. Fields Songs a mio parere mostrava già dei segni
di cendimento o comunque si presentava come un lavoro di transizione,
già proiettato verso futuro, ma ancora legato alle atmosfere acustiche,
da autentico songwriter contenute nei bellissimi Scraps at Midnight e
Whiskey For The Holy Ghost. In Bubblegum lo stile di Lanegan è immediatamente
riconoscibile (One Hundred Days, Morning Glory Wine, il
folk della breve Bombed), solo che la musica si è indurita. Le
esperienze con i Queens Of The Stone Age e le Desert Sessions hanno riacceso
in lui la voglia di alzare il volume, solo così si spiegano Sideways
In Reverse o l'eccitante punk-blues di Driving Death Valley
Blues. Attribuito alla Mark Lanegan Band, Bubblegum è forse il
segnale di una maggiore apertura con gli altri musicisti, la necessità
di mettersi in discussione e di suonare fianco a fianco con una rock'n'roll
band come ai tempi degli Screaming Trees. Moltissimi gli ospiti, tra cui
naturalmente non potevano mancare Josh Homme e Nick Olivieri
dei citati Queens Of The Stone Age, e poi la bravissima PJ Harvey
che duetta divinamente in Hit The City e Come To Me, Izzy
Stradlin, Greg Dulli (Afghan Whigs), Chris Goss (Masters
of Reality). Nessuno sposta di una virgola il suono di Lanegan. Le ballate
si sono però trasformate in blues ipnotici, con una strumentazione minima,
qualche battito elettronico, sempre di grande gusto, e la voce cavernosa
in primo piano. Così l'iniziale When Your Number Isn't Up, Wedding
Dress e l'appassionata Come To Me. Non tragga perciò in inganno
il titolo, in assoluto contrasto con il contenuto: non c'è traccia di
pop music in questo disco, che anzi è tormentato, tenebroso più di prima
e non di così facile approccio. A cominciare dalla già nota Methamphetamine
Blues, un blues-rock allucinato e rumoristico che potrebbe provenire
da Tom Waits, un riferimento che ritorna nella preghiera di Like Little
Willie John, bellissimo brano in odore anch'esso di blues e gospel,
ovviamente riveduto secondo la sensibilità di Mark. Un'altra imperdibile
tessera nelle sua già pesante discografia.
(Tommaso Piccoli)
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