Steve Owen - The Turlock 2 Ethic 2004

Ci sono songwriter che, pur restando assolutamente fedeli ad un linguaggio tradizionale, riescono ad evitare molti luoghi comuni privilegiando aspetti inediti della loro della scrittura. Steve Owen ha tutta l'aria di appartenere a questa razza in estinzione. Per lo meno ci aveva lasciato in testa queste sensazioni dopo la piacevole sopresa di Like an Atheist in Nashville, una delle rivelazioni roots del 2001. Un titolo un po' beffardo che suonava proprio come una dichiarazione d'intenti, un manifesto insomma della provincia cantautorale americana. Disco profondo e scanzonato al tempo stesso, che non andava in cerca di soluzioni ad effetto, ma serviva un country-rock grezzo, informale e un po' alcolico, tutto incentrato sull'ironia a tratti corrosiva dei testi. The Turlok 2 rompe un lungo silenzio (quattro dischi a partire dal '93...Owen è uno che se la prende comoda), riportando a galla la personalità esuberante di questo autore originario dell'Illinois (ma trasferitosi da tempo in California), esempio calzante di folksinger di vecchio stampo. Rispetto al precedente lavoro tuttavia, gli intenti sembrano essere parecchio ridimensionati, una ritirata nei canoni essenziali di un country-folk acustico e spoglio negli arrangiamenti, che se da un parte ha il merito di mettere in primo piano le liriche, dall'altra mostra un po' la corda nella monotonia delle ambientazioni musicali. Sempre coadiuvato dall'amico Patrick Conway in sede di registrazione, Steve Owen imbastisce un trio di scarno country campagnolo (David Reidy e Kurt Stevenson che si alternano i compiti tra chitarre, mandolini, dobro, fiddle, basso e piano), in cui la sezione ritmica è ridotta al lumincino e gran parte delle responsabilità ricade sulla voce strascicata del protagonista. Immagini da vecchia America scorrono sullo schermo durante l'ascolto di Harry Fogelberg's Blues, A Pair of Brown Shoes o della dolce Far From Here. Ricordano da vicino i lineamenti country-blues di John Prine (I'm Sorry Jimmie Rodgers), nonostante le radici rurali di Owen siano assai più accentuate: lo testimoniano il bluegrass di Today is The Day e la tenebrosa Appalachian song di What makes the World Go Round? condotta per mano dal banjo. Il feeling è indiscutibilmente old-time, canzoni da bivacco (Alcohol & Power Tools, talmente divertente da meritare due versioni), una birra ghiacciata e qualche amico sotto il portico di campagna. Tutto questo non basta però a scacciare i dubbi: The Turlock 2 conserva una buona onestà di fondo, ma da Steve Owen ci si poteva aspettare di più
(Fabio Cerbone)

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