Si fa sul serio: bandiera americana rovesciata, un titolo, Communist
Country, che andrebbe preso con un briciolo di ironia, ma soprattutto
canzoni con titoli quali War Profiteer, All Our Leaders, Talkin' George
W. Bush Jr. Blues. Gli Old No. Eight sono la frangia protestataria
e ribelle dell'alternative country, un quintetto formatosi a Chicago nel
'98 che con ostinazione porta avanti la contestazione folk, adattandola
alle regole e ai suoni del moderno rock provinciale. Le ballate elettriche
degli Old No. Eight sono crude e impregnate di soul, cercano qualche aggancio
con il country straccione e spesso non disdegnano tirate al limite del
punk. Sono già al quarto lavoro e dimostrano di avere una buona
scrittura: merito soprattutto della voce e delle canzoni di Charlie
Pierce (anche basso, piano e organo), impostazione baritonale e profonda
che ricorda moltissimo Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy. Farina
del suo sacco quasi tutta la prima parte del disco, la più interessante:
svettano la suggestiva marcetta militare che accompagna il country rock
di Dance on Graves, dedicata alla triste conta delle bare dei marines,
una corale e commovente War on Drugs, la "younghiana",
ruvida Blame Jesus per finire con l'appello anti pena di morte
di Old Judge Scranton, altra ballata imbevuta di seventy rock.
L'altra faccia degli Old No. Eight è nelle mani di Andy Levenberg
(chitarre e voce) e Brian Koehler (chitarre, cori) che spostano
il baricentro, a seconda delle esigenze dettate dalle storie, verso un
country ruspante e un poco ridicolo (la citata Talkin' George W. Bush
Jr. Blues), un rock'n'roll di stretta osservanza Rolling Stones (My
American Dream, che recita: What's the hell is up to American dream?/
turns out it ain't all it's cracked up to be/ lonely and desperate or
just down and out/ we're starting to learn what the dream's all about)
oppure nei territori di un vero e proprio punk rock d'assalto (All
Our Leaders, War Profiteer). Sono in realtà gli episodi
più anonimi e sprecati, anche nelle liriche, le quali riprendono
profondità, guarda caso con Pierce alla voce, nella drammatica
elettricità di Dark Ages o nel country pastorale di Somewhere
Down the Line. Il suono è livido, la produzione grezza, piena
di imperfezioni, si bada al sodo, senza perdere di vista il senso epico
di alcune canzoni. Un disco che non andrebbe in realtà snobbato
per il suo intrinseco valore musicale, quello che spesso rischia di venire
offuscato di fronte ad un primario impegno sociale: con qualche aggiustamento
della rotta gli Old No. Eight possono ancora crescere
(Fabio Cerbone)
www.oldno8.com
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