Chuck
E. Weiss
23rd
& Stout
[Cooking
Vinyl 2006]
  1/2
Diavolo di un Chuck E. Weiss! Per vent'anni si era eclissato tra
i vicoli di Los Angeles, preferendo suonare per gli amici piuttosto che
darsi seriamente alla carriera di musicista. Ora sembra averci preso gusto,
con il terzo disco nel giro di pochi anni. Data la natura assolutamente
anarchica del personaggio è un traguardo considerevole e il segnale che
Chuck forse ha messo la testa a posto...Neanche per sogno, basta seguire
la scaletta scalcinata di 23rd and Stuout, profeticamente
sottotitolato Deranged Detective Mysteries, per accorgersi che
non è cambiato nulla dentro la sua testa. Se possibile ancora più scuro
e provocante dei predecessori, il nuovo capitolo della saga è un continuo
percorso ad ostacoli, una raccolta di blues lascivi e ballate nonsense,
di rumori e sermoni fatti apposta per i lupi mannari come lui e l'inseparabile
amico Tom Waits. Torna immacabilmente a galla il nome del songwriter di
Pomona: come non captare il suo respiro tra queste canzoni da ora tarda,
immagine di una Los Angeles viziosa che forse esiste soltanto nella testa
di Chuck E Weiss, eppure appare vera più che mai. 23rd and Stuout cerca
assai poco di mostrarsi accattivante, mettendo l'ascoltatore con le spalle
al muro: o entri nel mio mondo e condividi la mia follia o ne verrai inevitabilmente
respinto. Scegliendo la prima soluzione si ottengono soddisfazioni non
indifferenti, a patto di non prendere questo scavezzacollo troppo seriamente.
Un investigatore improbabile e arruffato che parte dal blues cubista di
Prince Minsky's Lament e ne combina di tutti i colori. A volte
perde la bussola, si compiace probabilmente troppo della sua stravaganza,
ma non manca di infilare colpi di genio, assecondato in questo dall'ottimo
lavoro di Don Heffington alle percussioni. I borbottii spanish
di Novade Nada, con la chitarra noir di Tony Gilkyson, sono da
manuale; Half Off At The Rebob Shop e la stessa 23rd & Stout
improvvisano una sorta di talkin' jazz; She Is Cold farfuglia in
falsetto con tanto di sax (David Ralicke al tenore e Jeff Turmes al baritono)
al seguito; Room With A View è un delirio di vocine e blues tribale.
In questo totale disordine per fortuna alcune ballate risaltano e fanno
da collante: conviene partire dalla strascicata Another Drunken Sailor
Song, ubriaca come solo il compagno Tom potrebbe rendere, per proseguire
con la sussurrata e demodè Primrose Lane, roba degna di un night
club per cuori solitari, approdando infine al country straccione di Piccolo
Pete. Saluti finali e passerella sulle note di un boogie rock stropicciato,
Goodbye, So Long, a conferma che le regole per Chuck E Weiss sono
fatte per essere scombinate.
(Fabio Cerbone)
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