inserito 20/04/2007

David Vandervelde
The Moonstation House Band
[Secretly Canadian/Wide 2007]


David Vandervelde ha avuto la sfortuna di comparire qua e là nel "disgraziato" The Magnificient Defeat (Rykodisc, 2006) dell'ex Wilco Jay Bennett, da qualche tempo alle prese con una carriera solista non molto luminosa se non per qualche collaborazione interessante (leggi Allison Moorer e On Fillmore). Il giovane multistrumentista autodidatta di Chicago Vandervelde esce oggi con The Moonstation House Band, esordio sulla media distanza (32 minuti circa la durata complessiva) fatto di un pop-rock abbondantemente ricamato da velature di synth e d'archi. Il disco è stato registrato in quello che lo stesso Vandervelde ha deifnito "Jay Bennett's Clubhouse", studio dove ha potuto maneggiare tutti gli strumentio da solo, collaborando con l'arrangiatore David Campbell (padre del famoso Beck) in tre brani e con l'ingeniere del suono engineer Steve Churchyard Un po' Bowie (soprattutto in Corduroy Blues, sdolcinata melodia pianistica) e un po' Marc Bolan (T. Rex), David Vandervelde propone un ventaglio di soluzioni interessanti concentrate in pezzi che puzzano di rock chitarristico (anche se con qualche eccezione, Nothin' No e Jacket sono due degni esempi) e inebriano con il pop psichedelico e vagamente Beatles-iano, come nel caso di Wisdom From A Tree. Il tourbillon solare fatto di easy listening e cosiddetto jingle jangle di Can't See Your Face No More è di buon auspicio per introdurre Murder In Michigan, episodio complesso, dai ritmi cadenzati, con fiati gravi, chitarre acustiche aperte e movenze da neo folk corale. A chiudere il cerchio David piazza la strumentale Moonlight Instrumental: il motivo è caldo, ben arrangiato (oltre ai fiati e a qualche percussione, c'è pure un organo che soffia appena) e dai connotati fortemente cinematografici. La Secretly Canadian punta parecchio su questo giovane artista, che qui calca la mano sugli arrangiamenti, concedendosi in qualche buon esercizio di puro chitarrismo (cosa a noi sempre gradita) solo nella coda della citata Jacket. The Moonstation House Band serve soprattutto per capire quanto possa fare oggi un giovane con un minimo di inventiva in uno studio di registrazione. Il tutto in ambiti musicali quantomeno decorosi. The Moonstation House Band non farà certo centro al primo colpo. Da come avete intuito non è neppure un disco "classico" da chitarra-basso-batteria, basta però qualche buon ascolto per carpire reminiscenze pop di spessore ed apprezzare finiture poco consone, per questo degne di attenzione.
(Giovanni Manzoni)

www.davidvandervelde.com
www.secretlycanadian.com


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