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American
Mars
Western Sides
[Gangplank
records 2008]

Tre dischi in dieci anni di attività sono al giorno d'oggi una vera anomalia,
oltre che un suicidio in termini di visibilità. Malauguratamente i comandamenti
del mercato discografico, a maggior ragione nel vivace e confuso sottobosco
indie, sembrano prediligere l'inflazione a scapito della qualità. Il caso
dei quattro American Mars da Detroit è assai più complesso: hanno
stretto la cinghia e serrato le fila, gettando il cuore oltre l'ostacolo
per realizzare Western Sides, seguito molto sofferto di
quel No City Fun (2003) che aveva aperto qualche spiraglio di considerazione
fra la crtica specializzata e il pubblico delle college radio. La loro
avanzata artistica si è difatti interrotta bruscamente, a causa della
grave forma di cancro che ha colpito il bassista Garth Girard. Session
lasciate a metà, due anni passati ad organizzare progetti e concerti per
raccogliere fondi per le sue cure mediche, poi finalmente la guarigione
e una nuova speranza. Western Sides viene completato nella scorsa primavera
e pubblicato all'alba del 2008 grazie alla Gangplank Records.
L'interminabile gestazione tuttavia non ha minimamente influito sulla
tenuta d'insieme del disco, che anzi punta tutte le sue fiches sulla seducente
resa sonora, sulle atmosfere dilatate di un rock delle radici screziato
da tentazioni pop e un vago sentore di deserto. I tour di spalla con Clem
Snide, Black Heart Processsion e Magnolia Electric Co. hanno lasciato
qualche solco, in queste ballate amare dove la voce languida di Thomas
Trimble si contorce su tematiche e soggetti in crisi, facendo i conti
con una vita adulta che comincia a chiedere il conto. Il songwriting è
dunque profondo e maturo, malinconico e colmo di confessioni, la musica
ne riflette i sentimenti, dando vita ad un disco di confine fra l'alternative
country più accorato (Marionette possiede
il passo dei migliori Jayhawks) e certo rock mainstream alla Counting
Crows (Anne Marie non dovrebbe dispiacere
ad Adam Duritz). È la pedal steel insistente di David Feeny (già
nei Blanche, qui anche produttore) a suggerire un sostrato rootsy (subito
in grande spolvero nel piccolo capolavoro in apertura, Long
Walk Home, gioiello dell'intero Western Sides), mentre la cura
delle parti vocali e l'incrociare timido e vellutato delle chitarre elettriche
riporta ad un rock'n'roll più leggiadro (Who
Here?, Better Angels,
Do Me A Favor).
Nell'uso frequente di riverberi e nelle cadenze stesse della vocalità
di Trimble escono allo scoperto persino delle lontane inflessioni alla
U2 (Make It Up pare proprio una lunga
coda del "periodo americano" degli irlandesi con Lanois), nonostante l'equilibrio
raggiunto dagli American Mars li ponga mediamente al di sopra delle tante
band di genere: qui ci sono sufficienti canzoni e altrettante idee per
aspirare a qualcosa di più autorevole. Speriamo ritrovino anche una certa
regolarità discografica.
(Fabio Cerbone)
www.americanmars.com
www.gangplankrecords.com
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