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Frank
Carillo and the Bandoleros
Someday
[Jezebel
records
2008]
 
Tre anni fa una piccola folgorazione: un musicista di quelli che per una
vita intera sembrano destinati ad operare nell'ombra, autore dalle alterne
fortune, rilancia la sua carriera tentando la carta di una vera rock'n'roll
band al servizio delle sue canzoni. Frank Carillo, trascorsi british
blues e rock'n'roll diviso fra States e Inghilterra, già collaboratore
di Peter Frampton e Golden Earing, mette una pietra sopra il passato e
rilancia le sue quotazioni con Bad
Out There, una sarabanda riuscitissima di roost rock dal respiro
romantico e blue collar, canzoni che spaziano dalla matrice più bluesy
all'eleganza di una ballata country, fermo restando che le qualità di
chitarrista distanziano il lavoro di Carillo dal clichè del folksinger
introverso o del songwriter dall'inclinazione più rurale. Alcune settimane
di intenso lavoro nell'autunno scorso ai Milbrook Studios di New York,
nuovamente al fianco del produttore Paul Orofino, e Someday
prende corpo facendo tesoro delle intuizioni del suo predecessore.
Con un minore effetto sorpresa forse, ma altrettanta solidità di scrittura
e gioco di squadra, la piccola epopea dei Bandoleros può proseguire fiduciosa
grazie alle qualità indiscutibili di Carillo: una voce al catrame e colma
di passione rock, la stessa che risalta nella "springsteeniana" Somebody
Poisoned the Well, uno schieramento di chitarre mai sopra le
righe e ben asservite all'anima di ogni singola canzone, la capacità infine
non indifferente di suonare come un "tradizionalista" dalla pelle dura
ed elettrica (in tal senso Eastern Time
è uno dei miracoli più riusciti del disco). Quattrodici epidosi, ma rari
momenti di stanca: ci sono probabilmente meno scudisciate rock dalla facile
presa (quella Red Queen che illuminava il citato Bad Out There) ed una
generale propensione ad abbassare i toni, ma le intersezioni con le chitarre
del fratello Andrew Carillo e soprattutto l'ospite d'onore Augie
Meyers (Doug Sahm, Texas Tornados, Bob Dylan) all'organo rendono Someday
un più che dignitoso seguito, che andrebbe presto sondato dal vivo. L'effetto
che fanno Roll the Bones ed Everything
Changes in apertura è esattamente quello di canzoni carburate
per una imminente esplosione live, con quell'inconfondibile umore roots
rock che le pervade.
Carillo, come anticipato, non rinuncia certo al suo vecchio amore blues,
e propone il boogie lascivo della stessa Someday
o quello più surriscaldato di Don't Get Sammy
Started, materiale che ad esempio uno come Willy Deville non
scrive più con la stessa convinzione da troppo tempo ormai. Si tratta
delle concessioni più "scontate" all'interno di un disco in verità apprezzabile
proprio nella sua veste più cantautorale: la sensuale, splendida The
Way Out e la successiva, folkie, Darkness
Everywhere, per non parlare della chiusura solitaria con
Glass Heroes, tutte dimostrazioni lampanti di un songwriter
ormai maturo, che non avrà forse una penna da fuoriclasse ma certamente
quell'esperienza necessaria per costruire una solida raccolta di canzoni.
(Fabio Cerbone)
www.frankcarillo.com
www.myspace.com/frankcarillothebandoleros
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