inserito 18/04/2008

Frank Carillo and the Bandoleros
Someday
[
Jezebel records
  2008]



Tre anni fa una piccola folgorazione: un musicista di quelli che per una vita intera sembrano destinati ad operare nell'ombra, autore dalle alterne fortune, rilancia la sua carriera tentando la carta di una vera rock'n'roll band al servizio delle sue canzoni. Frank Carillo, trascorsi british blues e rock'n'roll diviso fra States e Inghilterra, già collaboratore di Peter Frampton e Golden Earing, mette una pietra sopra il passato e rilancia le sue quotazioni con Bad Out There, una sarabanda riuscitissima di roost rock dal respiro romantico e blue collar, canzoni che spaziano dalla matrice più bluesy all'eleganza di una ballata country, fermo restando che le qualità di chitarrista distanziano il lavoro di Carillo dal clichè del folksinger introverso o del songwriter dall'inclinazione più rurale. Alcune settimane di intenso lavoro nell'autunno scorso ai Milbrook Studios di New York, nuovamente al fianco del produttore Paul Orofino, e Someday prende corpo facendo tesoro delle intuizioni del suo predecessore.

Con un minore effetto sorpresa forse, ma altrettanta solidità di scrittura e gioco di squadra, la piccola epopea dei Bandoleros può proseguire fiduciosa grazie alle qualità indiscutibili di Carillo: una voce al catrame e colma di passione rock, la stessa che risalta nella "springsteeniana" Somebody Poisoned the Well, uno schieramento di chitarre mai sopra le righe e ben asservite all'anima di ogni singola canzone, la capacità infine non indifferente di suonare come un "tradizionalista" dalla pelle dura ed elettrica (in tal senso Eastern Time è uno dei miracoli più riusciti del disco). Quattrodici epidosi, ma rari momenti di stanca: ci sono probabilmente meno scudisciate rock dalla facile presa (quella Red Queen che illuminava il citato Bad Out There) ed una generale propensione ad abbassare i toni, ma le intersezioni con le chitarre del fratello Andrew Carillo e soprattutto l'ospite d'onore Augie Meyers (Doug Sahm, Texas Tornados, Bob Dylan) all'organo rendono Someday un più che dignitoso seguito, che andrebbe presto sondato dal vivo. L'effetto che fanno Roll the Bones ed Everything Changes in apertura è esattamente quello di canzoni carburate per una imminente esplosione live, con quell'inconfondibile umore roots rock che le pervade.

Carillo, come anticipato, non rinuncia certo al suo vecchio amore blues, e propone il boogie lascivo della stessa Someday o quello più surriscaldato di Don't Get Sammy Started, materiale che ad esempio uno come Willy Deville non scrive più con la stessa convinzione da troppo tempo ormai. Si tratta delle concessioni più "scontate" all'interno di un disco in verità apprezzabile proprio nella sua veste più cantautorale: la sensuale, splendida The Way Out e la successiva, folkie, Darkness Everywhere, per non parlare della chiusura solitaria con Glass Heroes, tutte dimostrazioni lampanti di un songwriter ormai maturo, che non avrà forse una penna da fuoriclasse ma certamente quell'esperienza necessaria per costruire una solida raccolta di canzoni.
(Fabio Cerbone)

www.frankcarillo.com
www.myspace.com/frankcarillothebandoleros


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