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David
Ford
Songs for the Road
[Independiente
Music Ventures
2007]
 
Non lasciatevi ingannare dalla copertina, i toni waitsiani sono solo ombre
di passaggio che sfumano talvolta il loro perlage nell'intimismo e intensità
delle liriche. Non fidatevi dei paragoni che circolano in rete. Con James
Blunt (con tutto il rispetto, per carità) David Ford ha ben poco
da condividere, con altri nomi che non cito ancora meno. Songs For
The Road è un disco sorprendente, bellissimo e poetico, ancora
più interessante perché proviene in un certo senso dalle nebbie del nulla.
Perché di questo artista fino ad oggi non conoscevamo (o meglio, non conoscevo)
l'esistenza. Ford è inglese, un inglese anomalo possiamo dire, nato in
quel di Dartford, Kent, una cittadina che vanta un paio di nomi niente
male (almeno all'anagrafe), e parlo di un certo Mick (Jagger) e dell'inseparabile
Keith (Richards), qualcosina come la storia del rock. Oggi vive a Eastbourne,
una bella location sulla Manica, e fa musica, grande musica, basta concedere
un'opportunità a questo disco di varcare la soglia del lettore per rendersene
conto.
Un'esperienza con un gruppo, gli Easyworld, poi lo scioglimento e il primo
disco da solista dal titolo indubbiamente accattivante, I Sincerely Apologise
For All The Trouble I've Caused (mica male), fino al piccolo capolavoro
che ci troviamo tra le mani. Nonostante tutti i paragoni e i molti nomi
tirati in ballo, personalmente vedo in lui qualcosa del Damien Rice dell'esordio,
forse piccole gocce di David Gray, ma soprattutto uno stile personale
e una capacità di scrittura notevole, capace di arrivare al cuore in un
istante. Le canzoni possiedono il dono di un'ispirazione naturale, i versi
ricamano spesso ventate di poesia accarezzate dal suono morbido degli
archi, soffici come neve che si scioglie al tenue sole primaverile. Malinconia
e tristezza, desiderio e rabbia, un mood che si pone come filo conduttore
dell'intero album, aperto in modo stentoreo da
Go To Hell, un upbeat da brividi che vede il crescendo della
sezione ritmica mitigare la nostalgica inquietudine degli archi. Decimate
è un affresco pianistico che possiede un certo qual feeling Motown, I'm
Alright Now il punto più alto della sequenza, con ancora gli
archi a cadenzare un lamento (every man needs a little affection)
che trova la sua forza nella straordinaria semplicità creativa,
Song For The Road un'altra ballata di grande appeal.
Che dire, ci sono tutti gli ingredienti per affascinare e coinvolgere,
dall'Hammond che farcisce Train al
pop di Nobody Tells Me What To Do,
un brano molto orecchiabile che deve parecchio a Randy Newman, fino a
…And So You Fell, passando per St
Peter e la rabbiosa Requiem.
Due le ghost tracks, la prima una cover pianistica di un brano degli Smiths
periodo Queen Is Dead, e cioè There Is A Light
That Never Goes Out, la seconda Shame
Not Regret, per chiudere in bellezza. Grande disco.
(David Nieri)
www.davidford.mu
www.independiente.co.uk
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