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Emmylou
Harris
All Intented to Be
[Nonesuch/
Warner
2008]
 
Ci ha messo 40 anni Emmylou Harris per fare questo album, ma lei
evidentemente non aveva fretta, e a noi ha gettato bocconi ben dolci per
ingannare l'attesa. Lo ha intitolato significativamente All I Intended
To Be, perché oggi si sente finalmente arrivata al suo traguardo,
quello di essere un'artista completa, capace di scrivere una buona canzone,
interpretare con personalità materiale altrui, e pensare un disco anche
dal punto di vista produttivo, dai suoni ai musicisti da coinvolgere.
Con la pazienza di una Penelope che fa e disfa continuamente la propria
tela, Emmylou negli anni ha imparato il verbo della nuova country-music
dall'amato Gram Parsons, ha insegnato il dogma a miriadi di nuove country-ladies
che a lei si sono ispirate, diventando icona di perfetto stile e sobrietà.
Ci ha messo più di dieci anni a scrivere di suo pugno almeno i testi di
un disco (l'interessante saga semi-autobiografica di The Ballad Of Sally
Rose del 1985), altri dieci per decidere di saltare i confini di un genere
affidando cuore, anima e voce a Daniel Lanois, che con l'affascinante
Wrecking Ball l'ha resa star per tutti i palati. Diventata anche vera
autrice con Red Dirt Girl, la Harris si spoglia ora dell'ultimo salvagente
(le rassicuranti produzioni di Malcolm Burn), e per la prima volta fa
tutto da sola, decidendo addirittura di richiamare in cabina di regia
l'ex marito Brian Ahern, suo produttore ai tempi d'oro della Hot
Band. E quindi libero sfogo al suo mondo, fatto di un esercito di musicisti
della Nashville d.o.c. (da Vince Gill a Dolly Parton, ma la lista è lunga),
cover di amici vecchi e nuovi (Patty Griffin, Billy Joe Shaver, Merle
Haggard, la poco nota Jude Johnstone, che offre però con Hold
On uno dei brani migliori della raccolta), e un suono acustico
e vibrato totalmente al servizio della sua voce, sofferta, melodiosa,
decisamente inconfondibile. E poi ci sono ancora i suoi brani, con una
Broken Man's Lament che strappa lacrime
e applausi, una Gold che in gioventù
deve aver sottratto con un bacio a Gram Parson, o una Take
That Ride che suona già come un classico. E ancora riunioni
con vecchie maestre di canto (la corale How She
Could Sing the Wildwood Flower, interpretata e scritta con
le sorelle Kate e Anna McGarrigle) e una sorprendente
All That You Have Is Your Soul di Tracy Chapman.
All I Intended To Be giustifica in pieno la sua recentissima ammissione
alla Country Music Hall of Fame, perchè il suo intransigente country acustico
è anche una decisa e definitiva scelta di campo e di identità, e immaginiamo
che il pubblico guadagnato con le più recenti super-produzioni troverà
tutto ciò lento, noioso e alquanto vetusto. Ma lei ha raggiunto la piena
coscienza di quello che vuole essere dopo 40 anni raminghi, noi gliene
concediamo volentieri altrettanti per poter arrivare a creare quel capolavoro
tutto suo che ancora le manca, e di cui questo disco, tanto bello quanto
troppo autoindulgente, appare essere solo una premessa.
(Nicola Gervasini)
www.emmylouharris.com
www.nonesuch.com
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