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Lightspeed
Champion
Falling
Off The Lavender Bridge
[Domino 2008]
 
Dai club londinesi più alla moda alle cure di Mike Mogis e della
Saddle Creek in Nebraska: una giravolta di stile e attitudine che lascia
quanto meno perplessi ad una prima lettura, fin quando non scorrono le
note di Galaxy of the Lost Hynes,
introdotta altresì da una breve scheggia per chitarre acustiche e pedal
steel che pare dettare le coordinate successive dell'intero Falling
Off the Lavender Bridge. L'esordio in casa Domino è per Lightspeed
Champion un cambio di rotta radicale rispetto alle evoluzioni tecno-punk
dei Test Icisles, trio britannico nel quale la voce di Devonte Hynes
(questo il vero nome del nostro protagonista) faceva da collante su una
base di rimasugli, cultura pop fatta a pezzetti. Con quella capigliatura
improbabile e quel colore della pelle ti aspetteresti, assalito dai normali
pregiudizi, un risultato ben diverso dalle delicate nenie folk pop che
farciscono Falling Off the Lavender Bridge: è invece esattamente il nuovo
abito scelto da Haynes per fare emergere un songwriting ed una tessitura
musicale insospettabile, la stessa che per forza di cose lo avvicina alle
conquiste di Bright Eyes.
Un nome con il quale, volente o nolente, Lightspeed Champion deve fare
i conti alla svelta: non solo la stessa produzione di Mogis ne impone
l'accostamento, ma anche l'anima di queste ballate un poco trasognate,
tenui bozzetti che spiattellano - con l'aiuto di musicisti provenienti
da Tilly and the Wall, Good Life e The Faint - melodie dolcissime, un
cuore country folk e molta passione per armonie pop che avvolgano come
una coperta calda. Il contrasto con i testi figli di una filosofia da
autentico "nerd" (così direbbero gli americani) è assai evidente: Haynes
è stizzito, deluso, indisponente, rimugina sulla vita e sulla sua condizione
di escluso sociale, mettendo in fila pesieri assai poco luminosi. La musica
sembra lenire le ferite, allontanando una possibile mestizia terminale:
l'esplosione di colori di Tell Me What It's Worth,
con la costante presenza della seconda voce femminile di Emmy The Great,
l'interminabile suite, quasi dieci minuti, di Midnight
Surprise: My Time Spent Down the Lavender, vero manifesto del
disco, il battito più elettrico di I Could Have
Done This Myself, il cullare accomodante di una Everyone
I Know Is Listening to Crunk che sa di country senza sposarne
definitivamente gli stilemi, rappresentano tutte insieme l'espressione
di un talento da non sottovalutare.
I già ricordati debiti formativi nei confronti di Conor Oberst (Bright
Eyes) ci sono tutti, eppure la scioltezza attraverso cui svicolano le
melodie di Let the Bitches Die e
Devil Tricks for a Bitch, la nonchalance
con la quale mettono in fila sezioni d'archi, pedal steel, strumenti acustici
legati alla tradizione e testi a dir poco provocatori, indicano che quella
dipendenza forse verrà presto abbandonata. Nel frattempo Falling Off the
Lavender Bridge è una delle migliori sorprese dell'universo indipendente
americano di questo inizio 2008.
(Fabio Cerbone)
www.lightspeedchampion.com
www.myspace.com/lightspeedchampion
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