inserito 30/10/2009

David Gray
Draw The Line
[
Universal  2009]



Con il libero (più o meno) accesso alla musica, sembra che l'antico giochino del saliscendi dal piedistallo abbia subito un'accellerazione, per cui ormai uno dei luoghi comuni per eccellenza del rock'n'roll ("i primi dischi erano meglio") è diventato una specie di dogma. E' anche vero, almeno nel caso di David Gray: A Century Ends e Flesh proponevano un songwriter straordinario che nei dischi successivi faticava a reggere un difficile equilibrio (il tormentato Sell, Sell, Sell), s'inventava un improbabile successo internazionale (White Ladder) e poi cercava di mantenersi, tra alti e bassi, ad uno stadio più che dignitoso. Questo però non basta ad archiviare prematuramente il suo nome o a trattare con sufficienza gli ultimi passi solo perché hanno un tocco di raffinatezza sconosciuto all'origine e qualche mezzo in più del giovane furioso con il mondo che cantava di apocalisse con le stesse visioni del Dylan del 1962 e l'energia dei Clash di quindici anni dopo.

C'è un tempo per ogni cosa e Draw The Line ci riporta un David Gray riconciliato con i propri punti di riferimento (Van Morrison su tutti), essenziale e asciutto nelle sonorità (ben divise tra pianoforte e chitarre) e negli arrangiamenti (la produzione è avvenuta nel suo studio personale, The Church, in North London) e con una (sempre) pregevole forma vocale. L'impostazione con sui si presenta Draw The Line, quella forma di ballata che si intravede subito attraverso Fugitive, non cambia nelle undici canzoni, se non nelle sfumature. Più soffusa nelle chitarre di Nemesis, più ariosa nel pianoforte di Jackdaw (forse la canzone migliore, dove il tributo a Van Morrison è evidentissimo), più lirica nella pensosa Kathleen (ricamata da uno splendido pianoforte), più brillante (e pop) in Breathe e poi, infine, molto ambiziosa in Full Steam che comincia con un'autunnale introduzione folkie e si gonfia come una corale nel concludersi.

Per cui, okay, "i primi dischi erano meglio", ma la vita continua e anche se Draw The Line non è il capolavoro che ancora manca a David Gray (questo, sì, è un luogo comune che ha un fondo di verità) si tratta pur sempre di un lavoro onesto, senza trucchi o fuochi d'artificio, che s'insinua, ascolto dopo ascolto, con grazia e anche con una certa eleganza. Sarà anche il riflesso dell'equilibrio, se non proprio di una ritrovata serenità, di David Gray che alla fine Draw The Line convince più che per l'impatto e/o le scosse per una piacevole assuefazione. A volte, può bastare.
(Marco Denti)

* Il disco è proposto anche in una versione deluxe con un bonus cd di otto brani tratti da un'esibizione alla Camden Roundhouse


www.davidgray.com



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