Joe
Pernice
It Feels So Good When I Stop
[Ashmont Records 2009]
L'idea di base è intrigante, e chissà quanti scrittori hanno avuto la
tentazione di realizzarla senza averne però le doti necessarie: scrivere
un racconto con in mente alcune canzoni ben precise, e successivamente
registrarle in un cd che funga da colonna sonora. Una meta-arte rara e
difficile quella di dare suoni alle parole invece che alle immagini, ma
Joe Pernice l'ha affrontata con coraggio e convinzione. Lui è un
veterano della canzone d'autore della provincia americana fin dagli anni
90 (ricordate gli Scud Mountain Boys, l'alt-country band di casa Sub Pop?),
e negli ultimi anni anche paladino di una via "pop" e leggera della roots-music
americana portata avanti (con risultati altalenanti) dai Pernice Brothers.
Ma Pernice è anche uno di quegli artisti eclettici che amano sperimentare
forme alternative di comunicazione, proprio come questa "novel soundtrack"
intitolata It Feels So Good When I Stop. Pernice non è nuovo
nella narrativa, qualche tempo fa scrisse un divertente racconto intitolato
Meat Is Murder, storia autobiografica di un fanatico degli Smiths negli
anni 80, e la novella (che ha lo stesso titolo dell'album) che funge da
traino a questo disco è una classica storia di formazione, con amori,
delusioni e ironie alla Nick Hornby sul mondo degli "adulti" e sui trentenni
mal-cresciuti.
Il disco invece è stato realizzato con gli stessi collaboratori che lo
affiancano nelle avventure dei Pernice Brothers (Peyton Pinkerton, Mike
Belitsky, il fratello Bob Pernice e altri), ed è una curiosa raccolta
di cover in chiave acoustic-pop di brani che spaziano da Soul
And Fire dei Sebadoh di Lou Barlow a Chim
Cheree, che altro non è che la colonna sonora di Mary Poppins
da noi nota come Cam Caminin Spazzacamin. Basta questo per capire lo spirito
del progetto, la storia del ragazzo che (non) si fa uomo passa anche attraverso
le sue passioni musicali variopinte e trasversali, che spaziano da classici
country (That's How I Got To Memphis di
Tom T. Hall) ai Dream Syndicate (una buona resa soft di Tell
Me When It's Over), dalle discussioni su Todd Rundgren contenute
nella storia (e recitate anche nel disco per introdurre la sua Hello
It's Me) a quelle su Pat Boone che seguono le old-style
I Go To Pieces (una vecchia hit di Del Shannon) e I'm
Your Puppet (brano soul del duo Spooner Oldham/Dan Penn che
fu un successo dei James & Bobby Purify nel 1966), quest'ultima modernizzata
tanto da sembrare un pezzo degli Eels.
"Music for fun" in ogni caso, scherzi d'autore per ricordare al mondo
testi notevoli come Found A Little Baby
di Liam Hayes alias Plush o la suadente Chevy
Van (una hit del 1975 di Sammy Johns). Conclude il menu Black
Smoke (No Pope), uno strumentale riesumato dai tempi degli
Scud Mountain Boys, e fine del divertimento. Ovvio che l'invito è di ascoltare
il cd leggendo il racconto, e ancora più ovvio constatare che il progetto
resta un divertissement fine a sé stesso senza troppe pretese. Ma a volte
è meglio divertirsi così che annoiarsi del tutto. (Nicola Gervasini)