Lukas
Nelson & Promise of the Real Lukas Nelson & Promise of the Real
[POTR
2011]
Riuscite a immaginare
un possibile anello di congiunzione tra Jimi Hendrix e Willie Nelson? Impresa
ardua, ne conveniamo. Ci viene in aiuto Lukas Nelson, che di Willie è il
sesto figlio (classe 1989, mentre il padre è del '33: fatevi da soli il calcolo
del gap generazionale... e sappiate che non è nemmeno l'ultimo della progenie).
Nel primo album della sua band, i Promise of the Real (da qui in avanti
POTR), pubblicato dopo un EP del 2010 che ha smosso le acque e richiamato un po'
di attenzione, infila un medley - forse un po' scolastico, ma significativo -
di Pali Gap e Hey
Baby, due brani di Rainbow Bridge. L'altra cover - e questa invece
ci ha convinti subito - è l'apocalittica L.A.
del Neil Young elettrico di Time Fades Away. Questo giusto per farsi un'idea dei
riferimenti musicali del giovane Nelson, che gravitano abbastanza lontano dal
mondo di outlaws e honky tonk heroes - per tacere della Nashville più patinata
e mainstream - frequentato dal padre.
Sarà anche vero che a due anni Lukas
gattonava nel tour bus degli Highwayman, ma viene da pensare che quand'era adolescente
i poster appesi alle pareti della sua camera non fossero quelli di Johnny Cash
e Kris Kristofferson, ma piuttosto quelli dei Black Crowes e di Stevie Ray Vaughan.
Magari anche dei Metallica, visto che la sua biografia racconta che le prime esperienze
le ha fatte al college in un gruppo che picchiava alquanto duro. Comunque sia,
ora le strade principali percorse dai POTR sono quelle del southern rock e del
blues rock, e questo è messo in chiaro fin dalla canzone d'apertura Four
Letter Word, che si presenta con quell'incedere cafone e un po' sbruffone
in cui erano maestri i Lynyrd Skynyrd. La formazione, con due percussionisti (Anthony
LoGerfo dietro la batteria e Tato Melgar a pestare sulle congas), ricorda quella
degli Allman (senza organo, però) e la voglia palese di lasciare correre gli strumenti
in libertà - soprattutto la chitarra del leader - li avvicina all'universo delle
jam band, ma solo tangenzialmente.
I POTR hanno un'attitudine più concreta,
sanno fermarsi prima di sbrodolarsi addosso e dimostrano di amare un buon riff
o un groove "appiccicoso" e funky - non a caso il disco è prodotto da un bassista,
John Avila (ex Oingo Boingo) - almeno quanto un assolo. Ascoltate la "surf
rock jam" (la definizione è di Nelson) Start to Go se
volete farvi un'idea. Le melodie country fatalmente metabolizzate da Lukas fin
dall'infanzia emergono invece in brani come Truth,
che ricorda gli Allman più bucolici (o la Marshall Tucker Band). A un certo punto
gli inevitabili duetti con il padre in un paio di ballate semiacustiche (Sound
of Your Memory e Fathers and Mothers)
rallentano la corsa e fanno tirare il fiato, ma il gran finale della traccia nascosta
2012 The Happy Ending (e 'fanculo i Maya!),
riporta il disco sulla retta via, in un tripudio di percussioni e chitarre acide
che va a scomodare i Santana più incendiari. Un album prescindibile, certo, ma
vivamente consigliato come integratore per le diete povere di rock. (Yuri
Susanna)