inserito 04/11/2011

Rich Robinson
Through a Crooked Sun
[
Thirty Tigers  
2011]



Messi nuovamente in attesa indefinita i Black Crowes, Rich Robinson è finalmente libero di dare corpo e forma alla sua personale scrittura, troppo spesso in ombra, soprattutto sul piano lirico, all'interno del gruppo. Through a Crooked Sun nasce dunque con l'intenzione precisa di testimoniare la propria condizione di uomo e di musicista superati i quarant'anni: un carriera fulminante, qualche doloroso incidente di percorso ma soprattutto una vita personale un po' disastrata, che trova diverse relazioni e intrecci nelle nuove canzoni, spesso riferite alla dimensione privata e al matrimonio. Il tutto si è tradotto sul piano compositivo in un album certamente più personale dell'annebbiato esordio del 2004, Paper, un lavoro che denunciava i grossi limiti di Rich in qualità di autore. Questa volta, pur non rinunciando ad un desiderio insostituibile di improvvisazione, pare che per una buona parte del disco la forma canzone riesca ancora a restare a galla. Non sono purtroppo cancellate del tutto alcune lampanti lacune: quella voce un po' raffazzonata, che deve costantemente misurarsi col fratello (soprattutto perché non esiste un così netto cambio di stile fra i Crowes e il Rich Robinson solista); quella tendenza a divagare e allentare le maglie dei singoli episodi, coprendo a volte con arzigogoli chitarristici (e non solo) qualche pecca di ispirazione.

Convince allora in modo particolare il trittico di apertura, cominciando da una Gone Away che accoglie l'ascoltatore in un ambiente familiare dove southern rock, psichedelia, trame hard e un generale calderone anni '70 rimane la linfa vitale di Rich. It's Not Easy, più languida e bluesy riesce anche meglio e Lost and Found trova una chiave più onirica che, pur nella sua pelle rock, si accosta a certa West Coast incantata. Con I Don't Hear the Sound of You entriamo risolutamente in territori acustici e dilatati, la melodia è dolcissima e indovinata, sempre attaccata all'esperienza californiana, ma il finale lancia i primi segnali di una irrinunciabile attitudine alla jam, con digressione jazzy d'ambiente. Nulla da eccepire quindi sul peso strumentale di Through a Crooked Sun, un disco che soddisferà chi ha sete di trame chitarristiche un po' sognanti, che non eccedono mai nell'hard blues scontato: la band è tenuta insieme dai collaboratori Joe Magistro (batteria) e Steve Molitz (tastiere), a cui si affiancano le ospitate di Larry Campbell (pedal steel essenziale in più di un episodio), Warren Haynes e John Madeski.

Questa platea ha forse convinto Rich Robinson a non accontentarsi della perfetta sintesi raggiunta in Hey Fear e All Along the Way, folkeggianti e con un rivolo di country "cosmico" nelle vene, concedendosi invece anima e corpo alle visioni un po' ridondanti di Follow You Forever, Standing on the Surface of the Sun e Fire Around, lì dove le fuge lisergiche cominciano a farsi superflue. Non a caso nel finale si respira una boccata di ossigeno grazie al ripescaggio di un gioiello minore della discografia dei Fletwwod Mac (quelli dell'età di mezzo, già orfani di Peter Green ma non ancora star del pop internazionale) come Station Man. Robinson è ad ogni modo incamminato sulla buona strada, per una personalità un giorno finalmente autonoma dai Black Crowes.
(Fabio Cerbone)

www.richrobinson.net


  


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