Rich
Robinson Through a Crooked Sun
[Thirty
Tigers 2011]
Messi
nuovamente in attesa indefinita i Black Crowes, Rich Robinson è finalmente
libero di dare corpo e forma alla sua personale scrittura, troppo spesso in ombra,
soprattutto sul piano lirico, all'interno del gruppo. Through a Crooked
Sun nasce dunque con l'intenzione precisa di testimoniare la propria condizione
di uomo e di musicista superati i quarant'anni: un carriera fulminante, qualche
doloroso incidente di percorso ma soprattutto una vita personale un po' disastrata,
che trova diverse relazioni e intrecci nelle nuove canzoni, spesso riferite alla
dimensione privata e al matrimonio. Il tutto si è tradotto sul piano compositivo
in un album certamente più personale dell'annebbiato esordio del 2004, Paper,
un lavoro che denunciava i grossi limiti di Rich in qualità di autore. Questa
volta, pur non rinunciando ad un desiderio insostituibile di improvvisazione,
pare che per una buona parte del disco la forma canzone riesca ancora a restare
a galla. Non sono purtroppo cancellate del tutto alcune lampanti lacune: quella
voce un po' raffazzonata, che deve costantemente misurarsi col fratello (soprattutto
perché non esiste un così netto cambio di stile fra i Crowes e il Rich Robinson
solista); quella tendenza a divagare e allentare le maglie dei singoli episodi,
coprendo a volte con arzigogoli chitarristici (e non solo) qualche pecca di ispirazione.
Convince allora in modo particolare il trittico di apertura, cominciando da una
Gone Away che accoglie l'ascoltatore in un
ambiente familiare dove southern rock, psichedelia, trame hard e un generale calderone
anni '70 rimane la linfa vitale di Rich. It's Not Easy,
più languida e bluesy riesce anche meglio e Lost and
Found trova una chiave più onirica che, pur nella sua pelle rock, si
accosta a certa West Coast incantata. Con I Don't Hear
the Sound of You entriamo risolutamente in territori acustici e dilatati,
la melodia è dolcissima e indovinata, sempre attaccata all'esperienza californiana,
ma il finale lancia i primi segnali di una irrinunciabile attitudine alla jam,
con digressione jazzy d'ambiente. Nulla da eccepire quindi sul peso strumentale
di Through a Crooked Sun, un disco che soddisferà chi ha sete di trame chitarristiche
un po' sognanti, che non eccedono mai nell'hard blues scontato: la band è tenuta
insieme dai collaboratori Joe Magistro (batteria) e Steve Molitz (tastiere), a
cui si affiancano le ospitate di Larry Campbell (pedal steel essenziale
in più di un episodio), Warren Haynes e John Madeski.
Questa platea
ha forse convinto Rich Robinson a non accontentarsi della perfetta sintesi raggiunta
in Hey Fear e All
Along the Way, folkeggianti e con un rivolo di country "cosmico" nelle
vene, concedendosi invece anima e corpo alle visioni un po' ridondanti di Follow
You Forever, Standing on the Surface of the
Sun e Fire Around, lì dove
le fuge lisergiche cominciano a farsi superflue. Non a caso nel finale si respira
una boccata di ossigeno grazie al ripescaggio di un gioiello minore della discografia
dei Fletwwod Mac (quelli dell'età di mezzo, già orfani di Peter Green ma non ancora
star del pop internazionale) come Station Man.
Robinson è ad ogni modo incamminato sulla buona strada, per una personalità
un giorno finalmente autonoma dai Black Crowes. (Fabio Cerbone) www.richrobinson.net