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country rock, southern soul di
Davide Albini (05/09/2014)
Solo
sette canzoni, mezz'ora di musica, ma ci sono tutte le premesse per una brillante
carriera. Potremmo considerare You Used to Live Here un ep a tutti
gli effetti, ma per Kelley Mickwee si tratta semplicemente del suo esordio
discografico, un album importante con il quale prova a compiere il salto di qualità,
passando sotto i riflettori dopo diversi anni di gavetta. In particolare l'esperienza
artistica che ha segnato questa trentenne, originaria di Memphis, è la formazione
del quartetto The Trishas, una band di ispirazione alternative country tutta al
femminile parecchio sponsorizzata dalle parti di Austin, luogo dove lei stessa
si è trasferita in cerca di maggiore fortuna. Hanno avuto il sostegno della stampa
locale e anche un certo credito presso importanti colleghi come Kevin Welch e
Ray Wylie Hubbard.
La band ha pubblicato due lavori prima di pronunciare
il rompete le righe, momento a partire dal quale Kelley ha cercato di trovare
la sua strada, prima nel duo Jed and Kelly formato con l'ex fidanzato, oggi tenendo
a battesimo il suo debutto solista grazie alla collaborazione del nuovo compagno
Tim Regan, pianista di buon gusto che con wurlitzer e organo colora di
una patina sudista la maggior parte dei brani. L'arma migliore a disposizione
della Mickwee è senz'altro la voce, ricca di venature soul e intrisa delle radici
memphisiane della ragazza: ha studiato canto dall'età di sette anni e si sente,
tanto che il citato Welch e altri musicisti del giro Americana di Austin l'hanno
chiamata spesso sul palco in qualità di corista. Cinque i brani originali, che
Kelley firma in coppia con diversi colleghi, tra cui il citato Kevin Welch nell'iniziale
ballata River Girl, quindi Phoebe Hunt, Jimmy
Daddy Davis, Jonny Burke e il più noto Owen Temple. Proprio il duetto con
Temple, Beautiful Accidents, si fa notare
come uno degli episodi più brillanti della raccolta, country rock che evoca grandi
orizzonti e rimanda alla tradizione di Austin.
Più accentuati i toni soul
invece nella stessa title track, che il ricordato Tim Regan abbellisce di fraseggi
al piano elettrico, così come nella passionale Hotel Jackson, dal riff
irresistibilmente bluesy e torbido della chitarra. Entrambe lasciano spazio alla
calda vocalità della Mickwee di esprimersi al meglio delle sue potenzialità. Due
infine le cover per completare la scaletta, forse segnale che Kelley deve ancora
farsi le ossa come autrice, ma ha grandi doti di interprete e una discreta personalità.
La scelta ricade nel grande bacino dell'Americana, la dolcissima Blameless
di John Fullbright, altro ottimo esempio di country intriso di fragranze southern
soul, e il finale con Dark Side of Town, brano
di Eliza e Nancy Gilkyson reso elettrico e vibrante dal sound della band, tra
cui spicca anche la pedal steel di Eric Lewis. Qui la Blue Rose mi pare ci abbia
visto giusto, aspettiamo di metterla alla prova definitiva con un disco più corposo.