Jeremy Pinnell
OH/ KY
[
Sofaburn Records 2015]

www.jeremypinnell.com

File Under: honky tonker

di Davide Albini (09/09/2015)

Sono tempi propizi per chi dirige il suo sguardo verso la country music più essenziale e sincera, quella che cerca di tenere a freno i trucchi o le presunte nuove vie indicate dall'industria di Nashville. Certo, c'è modo e modo di affrontare questo viaggio in direzione del passato e restare nei confini del puro revival non è mai un buon segnale. Dico questo perché Jeremy Pinnell non ha ancora deciso bene da che parte stare: se il songwriting, le storie, anche la voce espressi in OH/KY hanno l'impronta della verità, il dato fondamentale per giudicare un album simile, dall'altra parte sceglie un suono "conservatore" che fa di tutto per rispettare i canoni della tradizione, tra honky tonk elettrico e ballate spezzacuori dove l'eco distante di steel guitar, l'incedere pigro della sezione ritmica, il twangin' sereno delle chitarre hanno spesso il sapore di un dejà vù.

Poco male: per chi ha seguito con entusiasmo il ritorno di queste sonorità ad origine controllata, potrà godere di un genuino esordio solista, dopo un primo tentativo, una decina di anni fa, con l'alternative country di Light Wires, la prima formazione guidata da Pinell. L'indipendente Sofaburn affianca all'autore e alla sua chitarra acustica, una band nuova di zecca, ribattezzata The 55s, punti di forza Brad Myers e Harold Kennedy alle chitarre e Cameron Cochran alla pedal steel. Entrano in punta di piedi in queste canzoni, a cominciare dall'honky tonk leggero di The Way Country Sounds e da una Rodeo che potrebbe spuntare da Harvest Moon di Neil Young: sempre un passo dietro la voce, ricca di riverbero e dolente come richiede il genere, la band echeggia un country solitario, figlio della terra in cui Pinell è cresciuto, una piccola comunità del Northern Kentucky, sulle rive del fiume Ohio.

L'ode di Oh/KY è dedicata a questo mondo e alla strada percorsa: narra i diciotto anni trascorsi lontano da casa, quando Jeremy Pinnell se ne andò appena raggiunta l'età adulta, affrontando le asprezze della vita. Dunque abbiamo per le mani racconti vissuti e senso pratico della realtà, come esige uno stile che è prima di tutto una filosofia: la produzione è assolutamente dal vivo, tre giorni in tutto di registrazioni, l'andamento sonnecchioso e la visuale artistica ben chiara, anche quando Jeremy Pinell si guarda bene dal cambiare ritmo. È giocato tutto su tonalità desolate questo Oh/KY e non è il caso di giudicarlo per invenzioni particolari. Bisogna calarsi nella sua indolenza country, che tocca intensi momenti interpretativi in Sleep Song, si ravviva improvvisamente nella simbolica Outlaw Life, acquista sapori western swing in Cold Cold Wind e chiude con le carezze di Angel of Mine.


    


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