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power trio di
Pie Cantoni (30/04/2016)
Se
dovessimo dare una prima impressione a caldo su Henrik Freischlader, diremmo
che è uno e trino (abbiamo pur sempre appena passato il periodo pasquale...).
Nel chitarrista tedesco infatti convivono tre anime: il classico power trio, riff
potenti, monolitici, il Blues ben fatto ma un po' lezioso e di maniera, e il gigioneggiamento
rock\pop moderno. Il tutto in uno solo artista, il sacro e il profano, l'alto
e il basso, lo ying e lo yang e fermiamoci qui con i paragoni, in mix di passaggi
di stati d'animo per chi ascolta, fra piacere, noia, déjà vu e groove. Henrik
Freischlader è un chitarrista cantante e compositore tedesco autodidatta, nato
a Wuppertal (città famosa per la monorotaia ben prima della Springfield dei Simpsons).
Nonostante sia giovane (classe 1982) ha già sei album da studio e tre dischi live
all'attivo ma, se non fosse stato per una foto su instagram di una bella Stratocaster
gialla con soapbar al ponte, non l'avremmo mai scoperto.
Oltre alla parte
studio, il trio ha all'attivo anche molti concerti in Europa per grandi nomi,
e qualche apparizione importante nei suoi dischi (uno su tutti Joe Bonamassa).
Henrik produce diversi artisti qua e là per il mondo e possiede una propria etichetta
discografica. La band è formata, oltre che da Henrik Freischlader, da Carl-Michael
Grabinger (batteria) e Alex Grube (basso). Facendo un resoconto molto stringato
potremmo dire che, sul genere power trio, ci sono Openness
e High Expectations. Ben fatte, riff molto
potenti e ripetuti in maniera quasi ossessiva (ricordate Politician?), sicuramente
godibili. Sul tipo di blues virtuosistico, moderno ma al contempo tradizionale
(o comunque non "nuovo") ci sono brani come Early Morning Blues, Lord
Have Mercy, Business Straight, Master Plan, Nobody Else to
Blame, Techno, Today I'm Gonna Change, sia con riff molto heavy,
quasi hard rock, che con manierismo spinto, entrambi eseguiti molto bene ma un
po' sterili. Già sentiti, già visti, già digeriti. Bonamassa o Moore style, senza
che nessuno me ne voglia a male. Mentre sul pop\rock da classifica possiamo raggruppare
Never Really Left You, Senses, His Love. Su questo non commentiamo
per mantenere un certo tono nella recensione. Basta dire che ogni volta che un
John Mayer pubblica un disco, per una settimana gli fischiano le orecchie.
Henrik
Freischlader riassume quindi diversi aspetti, statisticamente parlando 15% Cream
- sempre apprezzato, 60% Bonamassa - non disprezzato, 25% Kravitz - np. Sta quindi
a Henrik decidere quale direzione prendere, con il suo stile, con il suo carattere,
ma una strada chiara da seguire e non una mix salad di generi musicali non facilmente
conciliabili. Noi aspettiamo in attesa del nuovo disco e magari di un live in
Italia per vederlo dal vivo e apprezzare le sue doti chitarristiche. Se non direttamente
le sue chitarre.