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honky tonk rebels di
Fabio Cerbone (24/10/2016)
Fedele
al motto pių antico della country music, "three chords e one truth", come amano
ripetere dalle sue parti in Texas, Cody Jinks č una delle possibili rivelazioni
del genere, nella speranza che qualcuno non lo rovini strada facendo con le lusinghe
di produzioni pių accattivanti per il grande pubblico di Nashville. Diciamo che
la scorza del ragazzo ci sembra dura a sufficienza e difficile da scalfire, e
la sua biografia parla chiaro in tal senso: partito dal mondo del metal pių estremo
(come cantante e leader dei minacciosi Unchecked Aggression), con gli anni Cody
ha fatto ritorno come tanti alle sue radici, lui che č nato in una cittadina a
qualche miglia da Forth Worth e per tutta l'adolescenza ha respirato a pieni polmoni
la musica tradizionale della regione.
Stabilitosi con la famiglia nella
zona di Denton, sobborghi di Dallas, Cody Jinks si č imposto alle attenzioni del
circuito indipendente texano grazie al precedente lavoro, "The Adobe Sessions",
un album nel solco del neo-tradizionalismo country, dove honky tonk elettrico
e ballate romantiche da bivacco hanno subėto legato il suo nome ai grandi protagonisti
della sua terra. Nella musica di Jinks echeggiano infatti gli irregolari come
Joe Ely (specialmente quello degli esordi) e i fuorilegge come Waylon Jennings,
ma anche gli interpreti pių classici di questo linguaggio, da George Jones a Merle
Haggard. I'm Not the Devil, sempre registato al Sonic Ranch studio
di Tornillo, con i fidati The Tonedeaf Hippies a fare da sostegno, segue la linea
appena descritta, restituendoci una voce di quelle baritonali e profonde, quintessenza
di questo stile, oltre a un campionario di cosiddette "heartache song"
e sincere confessioni che denotano la bravura del personaggio nel vestire i panni
del country singer tormentato, a cominciare dalla stessa title track, per proseguire
con The Same, Give All You Can, Heavy
Load, tra un gran vorticare di pedal steel in She's
All Mine e No Garantees e il pių classico dei ruspanti country
rock da sala da ballo in Chase that Song.
Canzoni che nel complesso indagano come da copione i demoni e i rimorsi
di un uomo, gli errori compiuti in campo sentimentale e nelle scelte della vita.
L'aspetto di Jinks aiuta a rinnovare questa antica tradizione, non facendolo apparire
tuttavia una semplice imitazione: la barba folta, i tatuaggi, il linguaggio del
suo corpo parlano dei suoi trascorsi da ribelle rock, la musica attuale perō ci
restituisce un uomo pių maturo, che oggi riflette anche sul suo ruolo di padre
in Vampires,
ballata elettrica dedicata al desiderio di protezione dei figli (dove riserva
una citazione per "Il giovane Holden" di Salinger), o sembra cercare rifugio nella
nostalgia di casa e nella religione con Church at Gaylor Creek, vecchio
brano del misconosciuto outlaw Billy Don Burns. Si tratta di una delle due cover
scelte con cura da Jinks per impreziosire la scaletta e non distaccarsi mai dal
mood del disco: l'altra č l'orgogliosa The Way the I
Am, vecchio successo del citato maestro Merle Haggard, che calza a
pennello per il nostro giovane autore texano.