File Under:groovy
americana di
Luca Volpe (12/02/2016)
I
Pilgrim sono un progetto di più musicisti con carriere già avviate in altri
gruppi. Nel ruolo di conduttore il cantante e chitarrista acustico Beau Roberson,
con il quale collaborano un batterista essenziale (Paddy Ryan) e Cody Clinton
alla chitarra elettrica, strumento che accompagna la voce come un controcanto.
Seguito di un disco dal vivo registrato ben cinque anni fa, Easy People
è un album di rock country stile The Band che si muove sulle coordinate esterne
(ma sempre compatibili) allo stile di J. J. Cale e Creedence Clearwater Revival.
Scorre lento e piacevole anche nei momenti meno ispirati, con un senso di attaccamento
alla tradizione mai futile o autocompiaciuto, grazie agli inserti di un senso
del groove dominato dalla batteria. Purtroppo il basso è poco percepibile per
la media della musica, ma è una delle pecche derivate dal lato negativo del disco.
Le canzoni sono dei blues straniati con improvvisi inserti di fiati, l'iniziale
Get Me Outta Of This City, col suo andamento
stradaiolo è l'esempio più chiaro; oppure seguono velocità lente (Ne OK)
o medie (Wheels Fall Off). Talvolta la chitarra steel di Jesse Aycock traccia
scorci di calmi paesaggi interiori come in Can't Let Go. My Heart Is
Mine è puro cantautorato, ma con poca voglia di essere ricordata. L'omonima
traccia potrebbe essere il capolavoro del disco, se la voce non coprisse l'ottimo
lavoro dell'organo, che sembra messo in sordina rispetto a chitarra e batteria.
I Must've Been High, nella seconda parte,
lascia finalmente briglia sciolta al gruppo che si cimenta nell'uso delle dinamiche
su una composizione altrimenti troppo statica. Bad Bad
Man incalza con i suoi accenti per cinque minuti con un atteggiamento
sornione, con la voce finalmente più amalgamata e così maggiormente risaltante
nei punti giusti; non ci sono grandi stravolgimenti, ma il tutto funziona senza
stancare. John Prine Tune è una dedica al musicista statunitense, per certi
aspetti molto fedele al modello ispiratore.
Stupisce Bomp
Bomp, che si slancia sorvolando territori imprevisti guidati dalla
chitarra distorta con l'anima nascosta del progetto, un rock dai suoni stoner
ma mai metal. Anche il cantante di esibisce in un indurimento vocale degno dei
migliori urlatori degli anni 60-70. Sembra quasi obbligata Field Day Afternoon
a seguire l'episodio precedente, ma la solita intrusione del groove la "deturpa"
piacevolmente in una ballata elettroacustica stile Joan Baez dei dischi elettrici.
Heartbreakers And Guitars chiude un po' in sordina il disco, con una ballata
poco convinta. Nel complesso le idee sono buone e lo spirito con cui sono suonate
è parallelo a ciò, ma due punti non sono stati centrati: registrazione e produzione
hanno in più punti sbagliato a chi dare preminenza, e la voce di Roberson suona
troppo "alternative", talvolta lascia pensare ad un Layne Staley dai
toni più alti, calato nel country e ripulito dalle droghe. Un lavoro sopra la
sufficienza, nonostante la pessima copertina.