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trip di
Marco Restelli (05/02/2016)
La
strada, così come il viaggio, si prestano da decenni ad essere oggetto diretto
o indiretto di moltissimi cantastorie d'oltreoceano - ultimo esempio al riguardo,
lo splendido The Ghosts of Highway 20 di Lucinda Williams. Probabilmente sarà
per il fascino di partire per affrancarsi dalla routine quotidiana, di lasciare
"il certo per l'incerto", ma anche per quella nostalgia della propria casa (intesa
nel senso più ampio) che, in fin dei conti, con le sue sicurezze rappresenta l'unico
posto al mondo in cui si è totalmente sé stessi e si ambisce di ritornare. A volte
viaggiare è sostanzialmente inevitabile per persone come Amelia White,
che devono guadagnarsi da vivere suonando decine di concerti ogni anno, in giro
per gli States.
E così, dopo 7 dischi alle spalle, la cantautrice, ormai
da tempo trapiantata in Tennessee nella "capitale del Country", ha deciso di dedicare
un album intero a questo tema, intitolandolo un po' ironicamente Home Sweet
Hotel, nel quale affronta gli aspetti ora descritti piazzando in copertina
- in primo piano - la chiave di una camera d'albergo, quasi ad emblema del concept
prescelto. La sua voce ricorda molto quella di Eliza Gylkison mentre la musica,
in stile Americana, alterna qualche episodio più acustico ad altri più rockeggianti
e, per l'appunto, stradaioli. Fra questi ultimi va inserita certamente la title
track, midtempo carico di elettricità (leggasi chitarre), dove l'artista fa capire
come la sua malinconia per la lontananza dal focolare domestico dipenda soprattutto
dalla distanza dalla fidanzata, alla quale ogni tanto riesce appena a fare un
colpo di telefono per dirle quanto le manchi. Il suono pieno è assicurato dai
The Blue Souvenirs, band che sa il fatto suo, diretta dal produttore Marco Giovino
(Band of Joy, Buddy Miller) che siede anche dietro piatti e tamburi. Interessante
anche l'incedere di Dogs Bark che parte tranquilla
per diventare progressivamente sempre più tosta, proprio come il suo testo, dedicata
con tagliente sarcasmo - sin dal titolo - a tutti quelli che amano sparlare degli
altri a sproposito.
Parlando del lato più morbido di Amelia, una dolce
ironia traspare anche nella delicata descrizione di Melissa Wolf, ringraziata
anche nei credits, alla quale dichiara senza mezzi termini amore eterno ("con
un diavolo in tasca e occhi da angelo"…."so che non incontrerò mai nessun altro,
amico o amante, che possa prendere il tuo posto"……"sarebbe stato bello che fossi
stata tu il mio primo amore, è un po' tardi per quello… ma sicuramente sarai l'ultimo").
Vale ancora la pena citare sia la ballata dolce/amara e piena di rimpianti
Road Not Taken, il cui sfondo è assicurato dalla chitarra di Stuart
Mathis - che accompagna in tour la succitata Lucinda coi suoi Buick6- e dal violino
di Molly Thomas, sia l'omaggio alla sua città adottiva Nashville in Rainbow
Over the East-Side. Nel complesso direi che con Home Sweet Hotel la White
conferma quanto di positivo aveva già saputo dimostrare con i precedenti album
(in particolare con l'ottimo Old Postcards del 2014), pur senza modificare di
una virgola la propria formula. Le sue melodie ed i "colori" con le quali le ha
presentate sono così piacevoli e cullanti che non credo cadranno facilmente nel
dimenticatoio.