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folk pop, americana di
Marco Restelli (23/10/2018)
Come
la maggior parte degli artisti le cui "gesta" vengono raccontate sulle nostre
pagine, Vanessa Peters vive la sua vita, ormai da molti anni, praticamente
on the road. Giunta con questo suo nuovo lavoro intitolato Foxhole Prayers
all'ottava prova discografica (considerando anche un paio di EP all'inizio della
carriera), la cantautrice texana è già più volte passata anche dalle nostre parti,
per far conoscere le sue canzoni semplici e melodiche, oltre che la sua voce suadente
à la Dar Williams. Il sound - così come già avvenuto per il precedente The Burden
Of Unshakeable Proof del 2016 - è un misto di folk e americana, con qualche venatura
pop che rende ulteriormente radiofonici alcuni brani. Un esempio, a tal riguardo,
sono i primi due episodi: la splendida Get Started
- con un incipit strumentale molto simile a quello di Change The Sheets della
canadese Kathleen Edwards - e la ballata Before It Falls Apart, costruita
su una base elettronica.
Nell'economia dell'album resteranno di fatto
due casi praticamente isolati, tanto che potremmo definirla come una sorta di
esplorazione verso altri "territori". Infatti, le chitarre elettriche ed acustiche
prenderanno presto le redini della carrozza senza mai mollarle, spostando decisamente
l'asse verso suoni più tradizionali. Per dare forma "al tutto", oltre all'aiuto
di due produttori Rip Rowan (Old 97s) e John Durfilho, si è portata in studio
la sua band, nella quale militano, fra gli altri, Joe Reyes (vincitore di un Grammy)
e il chitarrista Chris Holt (Don Henley), in pratica tutta gente navigata che
sa come fornire un contributo di sostanza, mettendoci del proprio e non limitandosi
a svolgere il compitino.
Parlando dei temi toccati dalla Peters, uno dei
fili conduttori sembrano essere i diversi stati d'animo personali relativi alle
esperienze della vita: la difficoltà nel lasciarsi alle spalle le scorie del passato
(l'elettrica Lucky) fino alla paura disarmante
vera e propria che porta a sentirsi letteralmente accerchiati (la title track,
dal mood piuttosto dark). The Riddle, la mia
preferita in assoluto, segue la stessa scia, parlando dei demoni che ci perseguitano
e i rimpianti per le scelte fatte ("I'm running out of space, paralyzed by the
choices I made") mentre l'ariosa Just One Of Them è piacevolmente arricchita
da un mini assolo di mandolino. Non è certamente da meno la ballata mid-tempo
Carnival Barker, con un "taglio politico"
che si evince da frasi piuttosto espilicite del tipo: "you'll get a circus, history
told us, if you vote for a clown but the gritchers pitched their tents and the
good word got drowned out". Notevole. L'anima rock di Trolls e quella acustica
della dolcissima What You Can't Outrun in
chiusura dimostrano la versatilità di Vanessa Peters che si trova a suo agio tanto
a correre sui sassi quanto sull'erba.
Nel complesso un'ottima prova la
sua, che merita un ascolto soprattutto da coloro che amano la musica per le emozioni
che riesce ancora a regalarci.