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cosmic americana di
Davide Albini (15/12/2018)
Lubbock,
Texas è una terra che non delude mai e che ha regalato molto alla storia della
roots music americana: Buddy Holly, Joe Ely, Terry Allen, per citare i più famosi,
rock'n'roll e country, nel solco migliore dei cosiddetti troubadour texani. Ross
Cooper è un giovane musicista che arriva da quella città, seppure si sia trasferito
da qualche anno a Nashville, come tanti costretto a cercare fortuna nella grande
capitale dell'industria discografica. Prima di diventare un promettente songwriter,
nominato fra i dieci giovani artisti country da seguire nel 2018 dalla rivista
Roloing Stone, Cooper è stato un professionista nel circuito dei rodeo, domatore
di cavalli specializzato nella tecnica bareback (senza sella), da cui trae
chiara ispirazione anche il titolo del suo nuovo album, l'evocativo I Rode
the Wild Horses.
Come altri esponenti di certa country music prima
di lui, penso al famoso Chris LeDoux o al canadese Corb Lund, Cooper ha fatto
tesoro delle esperienze maturate in quel mondo e dopo un serio incidente alle
ginocchia, ritirandosi dalle scene, ha tradotto le storie, i volti, la semplicità
di una tipica vita americana in canzoni che potessero riflettere le sue passioni.
Tuttavia, I Rode the Wild Horses non è soltanto una raccolta di cowboy song, magari
un po' risapute e in linea con altre simili produzioni: per suono e arrangiamenti
l'album si avvicina all'attuale gusto Americana, flirta con l'alternative country,
con certe sonorità "cosmiche" e di impronta californiana, nonché con un sofisticato
sound che un tempo sarebbe stato definito countrypolitan, incontro di pop
e tradizione, che rimanda, per esempio, al collega Robert Ellis. Nella stesura
del disco sono coinvolti personaggi come Andrew Combs, altro giovane autore vicino
a questa sensibilità stilistica, tanto che insieme a Cooper firma la dolciastra
Lady of the Highway, buona compagna con la
successiva Living's Hard. Loving's Easy, a mostrarci il volto più romantico
di Ross Cooper.
La sua voce, morbida e melodica, si adatta come un guanto
a queste atmosfere, ma sa anche scorazzare in territori più elettrici, grazie
agli interventi della band in cui spiccano le chitarre di Jeremy Fetzer e la pedal
steel di Eddy Dunlap. Da qui nascono episodi quali Heart
Attacks, il tiro quasi garage della breve Me Only, ma soprattutto
le trame country rock psichedeliche di Cowboys and Indians e della sferzante
The Wilderness. I titoli, come si sarà intuito,
richiamano un preciso immaginario, small town e grandi orizzonti, e d'altronde
Ross Cooper è cresciuto fra quelle suggestioni, che riesce a restituire in Old
Crow Whiskey and a Cornbread Moon, classica al primo istante, nell'arrembante
country fuorilegge di Another Mile, fino alla
conclusiva All She Wrote, ballata più sbarazzina con l'organo di Skylar
Wilson a fornire espressività e limpidezza al brano.
Un disco che celebra
le cose semplici della vita, l'esperienza on the road e si incammina lungo il
sentiero di una tradizione rinnovata. Una bella sorpresa.