Matt Woods
Natural Disasters

[Lonely Ones Records 2019]

therealmattwoods.com

File Under: heartland rock, country rock

di Giovanni Andreolli (08/09/2019)

Un album incolore: mi verrebbe da definirlo così Natural Disasters, il nuovo disco di Matt Woods, uscito a fine giugno per la Lonely Ones Records, il quinto di una carriera iniziata nel 2008 con l’acustico Broken Stings & Beer Specials. Incolore perché da una parte in questo lavoro non c’è niente di sbagliato, ma dall’altra non c’è niente di nuovo: può essere un disco godibile, ma allo stesso tempo un piatto insipido che lascia indifferente l’ascoltatore. Anche ascoltando i dischi precedenti, con Natural Disasters il cantautore non entra in territori sconosciuti, semmai ripropone il suo, senza sconfinare, mostrandosi garante di un prodotto con cui ormai ha fidelizzato il proprio pubblico.

Il disco è rockeggiante, con momenti riflessivi ma principalmente vivace e pieno di energia: la prima traccia, autobiografica, Blue Eyed Wanderer, ne è una chiara dimostrazione, con uno stretto rapporto tra basso, elettrica e batteria che trascina il brano ad un ritmo veloce, in cui la voce di Woods si inserisce senza fatica. Pergli altri episodi si può dire che la direzione presa sia la stessa, filando via senza pretese particolari per le vostre orecchie, parlando d’amore (Hey Heartbreaker) o di storie autobiografiche (Sitcoms), che non destano riflessioni o problemi esistenziali (tranne forse in The Devil Drinks Scotch, un lento in cui il narratore si interroga su chi tenga in mano il destino degli uomini). E’ inserito anche un brano sulla prigione e sull’essere prigionieri, Jailbird Song, tema caldo nella cultura country (Folsom Prison Blues di Johnny Cash, per citare un caso famoso), in un tono allegro e sfrontato che merita la giusta attenzione, emergendo di più rispetto gli altri.

Ma il brano del disco che ho apprezzato di più resta My Southern Heart: una traccia delicata con un’acustica dominante e l’elettrica che arricchisce con brevi accordi il tema centrale; l’armonica affonda un colpo in più, che rende il brano pregevole e malinconico, creando una forma musicale combaciante perfettamente con il testo: “I know some night, You’ll find another underneath those northern lights”. Con la ripetitiva Corner Of The World si chiude l’album in maniera piuttosto anonima, con un brano simile ai precedenti. Insomma, la mia idea su Natural Disaster è chiara: se per caso conoscevate Matt Woods, questo nuovo disco può piacere, se invece lo ignoravate fino ad oggi, è difficile che vi stupisca o che vi spinga all’ascolto.


    


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