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eclettico troubadour
di Gianuario Rivelli (27/02/2019)
Già oltre dieci anni orsono
su queste pagine ci eravamo occupati con un certo gradimento di Kaz
Murphy per poi perderne le tracce. Non che sia facile seguire un personaggio
in continuo movimento come lui, nomade nella testa ancor più che nel corpo,
che pure si è mosso con una certa frequenza tra Stati Uniti ed Europa.
Dopo gli esordi come scrittore al tramonto degli anni 70 (una canzone
di Captain Beefheart è stata ispirata da un suo racconto), Murphy continua
a flirtare con la letteratura diventando percussionista per Allen Ginsberg
per poi firmare di suo pugno due musical. La sua biglia impazzita schizza
tra una band folk (i Mad Mad Nomad), la carriera solista cominciata nel
1997 e persino attraverso un’esperienza a Vienna come storyteller fino
ad oggi, ennesimo capitolo di un manuale di eclettismo e irrequietezza
artistica.
Torniamo sulle sue piste dunque con Ride Out the Storm che
vede la luce in sordina, ma sin dai primi ascolti si impone come il cimento
di un cantautore di razza, capace di proporre una collezione di pezzi
country folk ben riusciti e mai uguali a se stessi, focalizzati su storie
ordinarie di gente comune, sugli amati underdog e su qualche spunto autobiografico.
In apertura ci si imbatte già nel brano manifesto When People Come
Together, ballata politica priva di tensione ma fatta di parole importanti
che chiamano tutti a raccolta per l’unità in un Paese in cui il gap sociale
può essere annullato (I've been to Hoboken/I've been to Hollywood/Ain't
much difference, just a neighborhood/Kind thoughts catch on like wild
fire) ma dove i fantasmi di un passato traumatico sono sempre duri a morire
(I been thinking 'bout Tom Joad …Ooh Wee it's a long ways down that road).
Parente stretta è l’ottima All I Wanna Do Is
Work, fiero omaggio all’America proletaria travolta dalla crisi
economica in cui il canto di Murphy si incrocia con un mantra dolente
che sembra dar voce alle mani che si sporcano.
C’è ovviamente anche tanto altro, dal gustoso inchino a sua maestà Cash
nel rilassato blues A Sunny Day (I heard angels sing and Johnny
say,“I believe the big train has come to take me away”/His name was Cash
and that's a fact/ I'm thinkin' 'bout him on this railroad track/ How
he sure helped me find my way/When I was hopin' and waitin'...mmhmm...for
a sunny day) all’ottimo country folk spavaldo di Somebody
Could Be Me e di Stella Rae
fino alla calma agreste di Thunderhead
e al funky liberatorio di Rise Me Up che fa calare il sipario.
Davvero una bella sorpresa di inizio anno, Ride Out the Storm soddisfa
tutti gli appetiti di chi approccia un disco del genere. Non glielo auguriamo
ma molto probabilmente anche questa volta Kaz Murphy passerà inosservato
– e lui con la sua carriera intermittente in questo non si aiuta – ma
sarebbe un peccato perché qui di sostanza “americana” ce n’è un bel po’.