Il dodici marzo scorso è
uscito Damn the Wind, l’ultimo album della band country-rock
nata sulle rive del Mississippi, The Plott Hounds. Il nome del
gruppo è preso da una razza canina molto particolare, la plott hound appunto,
caratterizzata da una forza e resistenza tali da essere utilizzata per
la caccia all’orso. Il riferimento a questo aspetto è molto presente,
sia sulla copertina dell’album in questione ,sia su quella del precedente,
Lost Summer Day, e pure nel simbolo della band. Un animale che è metafora
dello spirito del gruppo, pronto a lottare e a resistere alle difficoltà,
sentimento che si esprime in brani autobiografici del disco come Lay
You Rest - il testo racconta il momento buio di alcuni membri
che si sono trovati a combattere contro la tossicodipendenza - e Winding
Road, più luminosa della precedente, in cui si parla della vita da
tour del gruppo, vero e proprio animale da palcoscenico che non smette
mai di suonare in giro per gli States.
Le altre tracce si dividono in racconti narrativi; alcuni pezzi nostalgici,
Old Photos e Tough (For Avery), utopistici come Montana,
la finzione tragica ma realistica di It’s a war, e racconti drammatici
di storie vere come Goodnight Buddy,
un bimbo di soli otto anni che ha perso la vita a causa di un tornado.
Alcuni pezzi sono più concentrati sull’aspetto musicale e stilistico,
dove la band propone con maggior forza il proprio genere, come nel brano
d’apertura Country Blues, un omaggio
al rock, nato nel sud degli Stati Uniti, e al country, quello omonimo
al titolo del disco, Damn the Wind, e Not
All Tornadoes Come From Texas. Il tutto è accompagnato dalla
voce forte di Noah Alexander e dal vivace sottofondo della sua
band, in cui assumono spesso il ruolo da protagonista le due chitarre
elettriche in mano a Jeff Powell e Kirk Humbert.
Il disco nel complesso si inserisce nella linea musicale già tracciata
dai precedenti lavori e conferma senza eccezioni il percorso musicale
intrapreso ed è forse questo l’elemento a farsi sentire di più all’interno
dell’album. Probabilmente sarà un lavoro apprezzato senza problemi da
chi è già da tempo fan del gruppo; chi invece approccerà i Plott Hounds
per la prima volta avrà l’impressione di non ascoltare niente di nuovo,
anche forse con il rischio di annoiarsi. Direi che, nonostante le buone
intenzioni dei nostri (“If just one person get’s lost in this record all
of the effort will have been worthwile” così dice l’inserto all’interno
dell’album), Damn the Wind non conquista ed è difficile che con
questo disco la band possa prendere il volo e acquisire nuovo pubblico,
anche se sicuramente manterrà fedele chi già li segue dagli esordi.