The Schramms
Omnidirectional

[Bar None/ Blue Rose 2019]

theschramms.com

File Under: Come le foglie al vento

di Gianfranco Caliieri (06/10/2019)

Il senso di Omnidirectional, primo album di canzoni nuove degli Schramms dai tempi ormai vetusti del precedente, non irresistibile 100 Questions (2000), sta forse nelle cadenze estemporanee dell’ultimo pezzo, Two A.M. Slant, un rarefatto esercizio per chitarra acustica improvvisato da Dave Schramm nella sua casa di Hoboken, New Jersey, durante la notte. La disadorna spontaneità di quel congedo, unita alle fotografie — istantanee di porte in decadenza e interni dove la luce del giorno sembra filtrare quasi per errore — utilizzate nell’altrettanto scarno libretto di accompagnamento al Cd, delineano la cifra stilistica di un album fatto di chiaroscuri e sfumature, sottolineano la filigrana sottile (e a tratti impalpabile) di un folk-rock notturno e come armonizzato a un perenne indebolimento dei sensi, esplicitano il carattere minimalista, volutamente marginale e in fondo piuttosto scostante di una scrittura quasi mai incline a uscirsene dalle proprie meditazioni e dalle proprie ossessioni.

Il produttore JD Foster si dimostra, al solito, pressoché inappuntabile nell’organizzarne il suono fin nei minimi dettagli, di volta in volta disciplinandoli affinché gli archi e il clarinetto della classicheggiante Not Calling, oppure le percussioni assortite di una Faith Is A Dusty Word appena più vivace della media, non sopravanzino l’estensione della voce di Schramm e il suo modo di porgere le strofe tra l’assonnato e il sofferente, una specie di mormorio sommesso, sfuggente e pensoso per sua natura non predisposto a spezzarsi o ruggire. Fin qui poco male, perché la storia della musica, come sappiamo tutti, non è certo stata avara di artisti in grado di trasformare la personale introversione in forza espressiva all’occorrenza dirompente. Eppure, questo non sembra proprio essere il caso di Schramm, autore al quale, in virtù di un’antica militanza negli Human Switchboard (pionieri di una new-wave in salsa elettronica tanto trascurata, all’epoca del suo apparire, quanto rivalutata in seguito) e nella prima formazione dei concittadini Yo La Tengo, si chiederebbero sempre un pizzico di originalità in più, uno scarto di forma, una possibile deviazione di percorso.

Invece, gli Schramms continuano a suonare esattamente come gli Yo La Tengo degli esordi, però con l’aggravante di non poter più fare affidamento sul sassofono di Pete Linzell (non a caso finito a esibirsi con Go To Blazes, Marky Ramone o New Bomb Turks), tra tutti gli elementi della loro architettura sonora d’un tempo di certo il più incline a qualche soffio di romanticismo da «East-coaster» più viscerale e meno composto. Il timido pianoforte dell’assorta Honestly Now, la dolente sprezzatura rock (per così dire) della flemmatica New England, gli scossoni delle ruvide Spent e The Day When (forse gli unici episodi in cui Schramm si ricorda di aver fatto parte, sebbene solo come turnista, di Replacements e Soul Asylum), nonché il sorprendente assolo di sei corde della classica Hearts And Diamonds, hanno la forza di un andamento colloquiale in cui è facile sentirsi a proprio agio, ma hanno anche il difetto di non entrare in circolo nemmeno dopo ascolti ripetuti, mentre davanti all’arrangiamento in pari misura pretenzioso e inconcludente di Good Youth — un intreccio di banjo e xilofono che ci si chiede chi possa aver reputato di un qualche interesse — è meglio far finta di aver saltato un brano.

Alla fine, Schramm e i suoi accoliti paiono degli American Music Club, magari quelli laconici di California (1988), cui qualcuno abbia sottratto le angosce, i tormenti e anche l’impressionismo sperimentale di Mark Eitzel per rimpiazzarli con l’eleganza estenuata dei reduci interessati soltanto a capitalizzare sulla riconoscibilità della propria formula. La quale formula, a dirla tutta, non essendo mai stata disastrosa, non lo è neanche diventata, all’improvviso, oggi. Anche se dopo quasi vent’anni di silenzio, dalla sigla degli Schramms era lecito attendersi qualcosina in più.


    


<Credits>