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meet me at the crossroads
di Pie Cantoni (11/01/2020)
Il Diavolo, si sa, veste
in maniera particolare. Non solo l’elegante signore al crocicchio, o quello
in pantaloni di pelle e maglia tigrata nelle fattezze di Steve Vai (ricordate
Crossroads? Mississippi Adventure nella versione italiana
del film...), ma anche un ragazzo in abito nero che arriva dal freddo
Canada. Black Suit Devil è infatti il nome sotto cui si cela Andy
Du Rego, cantautore proveniente dal paese delle giubbe rosse e della sciroppo
d’acero, ovvero quanto di più lontano si possa immaginare dall’inferno.
A parte questo, la formula che Du Rego propone è quella del folk, rock
e blues, screziato ogni tanto di venature jazz e altre volte di richiami
bluegrass. Che in pratica è come scoprire l’acqua calda dopo che ti hanno
appena installato il nuovo boiler in casa.
A Matter of Time è il secondo album dell’artista e, sebbene
l’inizio con tromba in stile dixie-blues del brano omonimo sia davvero
incoraggiante, tralasciando i richiami da sommossa sociale del testo della
canzone (un po’ protesta contro le multinazionali, un po’ sollevazione
popolare, roba che neanche Manu Chao ormai va più in giro a raccontare),
da subito i registri cambiano velocemente e in maniera un po’ schizofrenica.
Firefly è il classico slancio che parla di amore universale, summer
of 69, che potrebbe essere stato scritto da Kid Rock o Brian Adams indifferentemente
e, nonostante giri bene con l’immancabile contraltare di voce femminile,
ne abbiamo sentite di altre e di migliori. Poi si va dalla critica al
governo in Heart of Sin, alla dedica attuale al movimento LGBT
con Closer to Forever, dalle ballate come January alla country-folk
song di protesta, acustica e armonica "stonata", come I Blame
us All. Ma Bob Dylan ha superato da un pezzo questo periodo, quindi
non vediamo il perché altri dovrebbero riprovarci.
Il tutto con una voce forzatamente roca che, sebbene immaginiamo sia la
sua, suona spesso troppo impostata per essere vera. Come se John Fogerty
cercasse di cantare imitando John Wayne mentre recita una parte di Humphrey
Bogart. Alla fine quello che abbiamo capito è che musicisti come Andy
Du Rego (la persona che sta dietro all’identità segreta di Black Suit
Devil per tutto il disco), verso i quali nutriamo tutto il rispetto del
mondo, non cercano di guadagnarsi l’immortalità col loro lavoro, ma solamente
una stabilità che gli permetta di viaggiare a metà classifica del genere
Americana per i prossimi cinquant’anni, come una Rosamunde Pilcher - la
famosa scrittrice inglese di romanzi sentimentali - della sei corde. Non
c’è urgenza nel suo messaggio, ma una placida constatazione della realtà.
Purtroppo noi abbiamo un debole per le fiamme che si consumano in fretta,
per chi deve portare il suo messaggio al mondo senza aspettare, per chi
non trascina il proprio pensiero nel solco tracciato dal volgo. Non abbiamo
tempo per le Rosamunde Pilcher.