Black Suit Devil
A Matter of Time

[Crazy Catman Records 2019]

blacksuitdevil.com

File Under: meet me at the crossroads

di Pie Cantoni (11/01/2020)

Il Diavolo, si sa, veste in maniera particolare. Non solo l’elegante signore al crocicchio, o quello in pantaloni di pelle e maglia tigrata nelle fattezze di Steve Vai (ricordate Crossroads? Mississippi Adventure nella versione italiana del film...), ma anche un ragazzo in abito nero che arriva dal freddo Canada. Black Suit Devil è infatti il nome sotto cui si cela Andy Du Rego, cantautore proveniente dal paese delle giubbe rosse e della sciroppo d’acero, ovvero quanto di più lontano si possa immaginare dall’inferno. A parte questo, la formula che Du Rego propone è quella del folk, rock e blues, screziato ogni tanto di venature jazz e altre volte di richiami bluegrass. Che in pratica è come scoprire l’acqua calda dopo che ti hanno appena installato il nuovo boiler in casa.

A Matter of Time è il secondo album dell’artista e, sebbene l’inizio con tromba in stile dixie-blues del brano omonimo sia davvero incoraggiante, tralasciando i richiami da sommossa sociale del testo della canzone (un po’ protesta contro le multinazionali, un po’ sollevazione popolare, roba che neanche Manu Chao ormai va più in giro a raccontare), da subito i registri cambiano velocemente e in maniera un po’ schizofrenica. Firefly è il classico slancio che parla di amore universale, summer of 69, che potrebbe essere stato scritto da Kid Rock o Brian Adams indifferentemente e, nonostante giri bene con l’immancabile contraltare di voce femminile, ne abbiamo sentite di altre e di migliori. Poi si va dalla critica al governo in Heart of Sin, alla dedica attuale al movimento LGBT con Closer to Forever, dalle ballate come January alla country-folk song di protesta, acustica e armonica "stonata", come I Blame us All. Ma Bob Dylan ha superato da un pezzo questo periodo, quindi non vediamo il perché altri dovrebbero riprovarci.

Il tutto con una voce forzatamente roca che, sebbene immaginiamo sia la sua, suona spesso troppo impostata per essere vera. Come se John Fogerty cercasse di cantare imitando John Wayne mentre recita una parte di Humphrey Bogart. Alla fine quello che abbiamo capito è che musicisti come Andy Du Rego (la persona che sta dietro all’identità segreta di Black Suit Devil per tutto il disco), verso i quali nutriamo tutto il rispetto del mondo, non cercano di guadagnarsi l’immortalità col loro lavoro, ma solamente una stabilità che gli permetta di viaggiare a metà classifica del genere Americana per i prossimi cinquant’anni, come una Rosamunde Pilcher - la famosa scrittrice inglese di romanzi sentimentali - della sei corde. Non c’è urgenza nel suo messaggio, ma una placida constatazione della realtà. Purtroppo noi abbiamo un debole per le fiamme che si consumano in fretta, per chi deve portare il suo messaggio al mondo senza aspettare, per chi non trascina il proprio pensiero nel solco tracciato dal volgo. Non abbiamo tempo per le Rosamunde Pilcher.


    


<Credits>