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retro roots sound
di Davide Albini (28/05/2020)
Non chiedetele il vero nome,
dice lei, perché comunque avrebbe stonato sulla copertina di un disco.
Per tutti è semplicemente Miss Tess, musicista e autrice cresciuta
nel Maryland ma girovana per vocazione, che si è fatta notare inizialmente
sulla scena folk di Boston, quindi si è trasferita per cinque anni a Brooklyin
formando una nuova band, trovando poi una sistemazione definitiva a Nashville,
forse il luogo più naturale dove far coinfluire le sue ambizioni musicali.
Qui ha incontrato anche l’amore, con il compagno Thomas Bryan Eaton, chitarrista
poliedrico (anche pedal steel) che dirige la band in studio, produce (insieme
al quotato Andrija Tokic, che ha lavorato con Alabama Shakes e Hurray
for the Riff Raff) e cuce l’abito sonoro per le canzoni di Miss Tess.
Lei è seduta su una luna di cartone sospesa tra le stelle, una cover che
richiama film muti da vecchia Hollywood e sogni romantici, ma quella luna
nasconde anche una faccia meno affettuosa: può essere arida, deserta e
piena di polvere, come l’animo umano.
E da qui sbuca The Moon is an Ashtray, disco che a dispetto
delle sue melodie leggiadre e fuori moda, rivela testi più complessi e
indagatori, capaci di contrastare l’attitudine old time un po’ vaporosa
di questa autrice, dalla voce seducente nei brani mossi e gentile nelle
ballate. La sua storia parte da lontano, nel curriculum ci sono già diversi
album indipendenti a partire dalla metà degli anni 2000 e anche un paio
di pubblicazioni per la specializzata Signature Sounds, etichetta di area
roots di Boston che accomuna Miss Tess a una sua collega, Eileen Jewell.
Simile mi appare il mix di sonorità “antiche”, che echeggiano primo rock’n’roll,
blues, country rurale e un tocco di swing, lì dove la nostra Miss Tess
predilige i toni nostalgici di The Truth Is e
della stessa title track, oppure la fragranze country di
If You Don’t Know How to Love Me, alternandole ai ritmi spigliati
di True Flood (in duetto con l’amica Rachel Price) e Gamblin’
Man, un po’ swamp blues e un po’ rockabilly, con il piano di John
Pahmer in evidenza e lo stantuffo del basso di Dennis Crouch, musicista
assai richiesto a East Nashville, dove è stato inciso il disco.
I richiami all’America della Grande Depressione sono in agguato e l’effetto
dello yodel di I Wanna be a Cowboy è quello di una cartolina graziosa,
ma forse troppo legata alla riproposizione del passato. Miss Tess e band
sono musicisti troppo preparati e brillanti per risultare soltanto una
pallida imitazione, ma l’effetto seppiato e vetusto dei brani non si cancella
e The Moon is an Ashtray appare comunque un tipico esempio di revival
Americana, quando Take It Easy pare uscire dalla Memphis rock’n’roll
di Chuck Berry, These Blues dalle dolcezze della migliore Nashville
country dei primi anni Sessanta e Riverboat Song dalla colonna
sonora di qualche melò americano dei Cinquanta. Ci sono canzoni che esprimono
personalità e l’interpretazione di Miss Tess in ogni caso non passa inosservata,
anche se risulterà facile accusarla di vivere in una bolla di vetro: la
melodia di One Little Kiss è svagata e jazzy e Sugarbabe
possiede un’anima blues sinuosa che ribadisce una volta di più l’eclettico
approccio della nostra protagonista verso tutto ciò che ha il sapore della
tradizione.