Nove ritratti di un paesaggio americano dagli spazi
infiniti sono tradotti in ballate country asciutte e dal tono desolato
in questo omonimo esordio di Riddy Arman. Dalla stessa scuderia
artistica di Colter Wall e della recente scoperta Vincent Neil Emerson,
La Honda records, spunta un contraltare femminile che approccia la materia
della tradizione dalla stessa visuale: sono valzer in prevalenza acustici,
esangui, dagli abiti antichi e dal denso sapore western (Herding Song,
Old Man’s Draw e Problems of My Own il trittico più evidente),
che collegano una giovane generazione di musicisti alla scrittura classica
della country music.
Una sorpresa dal fascino ineluttabile se si hanno a cuore queste visioni,
colte fra i pascoli del Montana, dove attualmente si è trasferita Riddy
Arman, e i tanti luoghi visitati nella sua vita da vagabonda. Originaria
dell’Ohio, emigrata dal Midwest verso la California e poi ancora a New
York, attirata dalla vita rurale e dall’amore per i cavalli, la Arman
non sembra soltanto giocare con gli stereotipi, ma semmai abbracciare
con convinzione questa sorta di “ritiro agreste”. La dimostrazione che
fa le cose sul serio è ribadita dall’apertura di Spirits,
Angels or Lies, languida preghiera per un padre morente tradotta
in una ballata acustica che esalta il tono accorato della voce di Riddy,
unendo il dolore personale con la figura di Johnny Cash e della stessa
scomparsa di quest’ultimo.
Inizio potente, che mette in chiaro l’estraneità della Arman da qualsiasi
accenno all’iconografia pop nashvilliana di oggi, più interessata a interpretare,
con autenticità o malizia lasciamo al tempo giudicare, il ruolo che fu
una volta della musica popolare americana: narrare la vita e la sua esperienza
quotidiana attraverso le ferite e le cicatrici dell’anima. Nell’epica
di Barbed Wire, cowboy song per eccellenza,
o tra i riverberi un po’ spettrali di chitarra e violino di Both of
My Hands ci sono le prove di questa scelta stilistica, ribadita anche
dall'idea di rileggere un classico di Kris Kristofferson quale Help
Me Make It Through the Night.
Inciso in gran fretta a Portland, Oregon, dal produttore Bronson Tew (Dom
Flemons, Jimbo Mathus), dopo che l’autrice aveva lasciato il segno con
alcuni suoi video di esibizioni in solitaria, Riddy Arman
è un debutto con ampie potenzialità, ma un carattere già formato: nel
timido scalciare elettrico di Half a Heart Keychain, che rimanda
al country noir della prima Neko Case, o nel più radioso suono di Too
Late to Write a Love Song, avvolta in cori country soul ed echi sixties,
sembrano annidarsi alcune delle direzioni che potrebbe intraprendere l’autrice
nelle sue prossime uscite.
Restiamo in attesa, ma nel frattempo la accolgiamo già come una delle
rivelazioni di quest’annata.