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hillbilly songs
di Fabio Cerbone (23/02/2021)
Curioso il nome che si è
scelto James Bradshaw, in arte Pony, songwriter della Georgia che dal
grazioso disegno di copertina riversa tutto il sentimento delle storie
cantate in Calico Jim. Pony Bradshaw fa il suo ingresso
nel vasto campo dell’Americana d’autore con una personalità ben delineata,
un suono riconoscibile, ma soprattutto una cifra letteraria e un immaginario
riscontrabili nelle sue liriche, le stesse che gli consentono già di emergere
sulla concorrenza: c’è un gusto per la descrizione dei caratteri e quel
piglio narrativo che ne fanno un folksinger attento ai paesaggi dell’anima
e al tempo stesso alla scenografia del territorio. È lo stesso Bradshaw
a sottolineare il legame di queste ballate con i luoghi nei quali è cresciuto,
colline della North Georgia, dai quali si era allontanato cercando un
posto nel mondo e dove ha fatto ritorno per mettere su famiglia e ritrovare
un filo perduto con il lavoro della terra.
Calico Jim racconta questo ed altro, in equilibrio tra sogno
e realtà, narrando di personaggi e leggende del posto, ma toccando anche
temi universali e un taglio quasi fatalista nel descrivere i destini della
gente della Georgia, dallo stesso Calico Jim a Jimmy the Cop,
planando tra le antiche radici di chi vive abbracciato ai monti Appalachi
in Hillbilly Possessed e Sawtoothed Jericho. “Ho cercato
di pensare in piccolo sulle grandi cose, di raggiungere un mondo che mi
sta accanto e di tirare fuori qualcosa di interessante da queste montagne,
fiumi e dalla gente del North Georgia”. Così afferma e così fa Pony Bradshaw,
con un suono che è agreste ma non rurale e rozzo, un country folk di impianto
acustico guidato dalla sua chitarra e da una voce con sfumature e languori
soul, di volta in volta sostenuta da crescenti impasti elettrici, quelli
accordati dalla presenza di Cody Ray alla solista, nonché da Philippe
Bronchtein alla pedal e lap steel, e dalla sezione ritmica formata da
Aaron Moehler (basso) e Paddy Ryan (Batteria).
Casey Collis aggiunge spunti con fiddle e banjo, c’è anche qualche nota
di organo e Calico Jim prende infine forma con delicatezza e un’apparente
uniformità di atmosfere che più che un limite di espressività è la chiave
per trasmettere l’emozione di queste storie, che nei chiaroscuri di
Dope Mountain, nella brillantezza rustica di Let Us Breathe,
nel trasporto soulful di Bodark e
fra i sussurri di Pork Belly Blossom ricordano da vicino un’intera
corrente di storyteller americani che hanno mantenuto viva una certa tradizione
in questi anni, da Jeffrey Foucault (il più affine per stile e portamento)
al misconosciuto Mark Erelli fino ad un maestro come Greg Brown (suggestioni
che emergono tra la slide dal carattere brusco che attraversa Sawtoothed
Jericho e il dolce sobbalzare country di Foxfire).
Colto, per nulla formale, il gesto musicale di Pony Bradshaw annuncia
la presenza di una nuova interessante voce dalla provincia americana:
a lui il compito di tenere alte le aspettative e la promessa in parte
contenuta in questo album.