Forse, essendo passati 30 anni, non dovrei dare
per scontato che i nostri lettori, al nome di Mark Germino, abbiano
avuto la mia stessa reazione di sorpresa mista a quel tocco di malinconica/
nostalgia per un’epoca musicale lontana. Nel 1991 il suo album Radartown
fu uno dei tanti di un’ondata di artisti americani (Will T Massey, Michael
McDermott, e tanti altri) che parevano in procinto di creare una scena
anche popolare e redditizia, se non fosse che invece economicamente le
cose sono andate male un po’ a tutti. In verità Germino, come anche Jimmy
Lafave, per esempio, non era certo un novellino, visto che un brano di
suo pugno già cavalcava le billboard di Nashville nel 1977 cantato da
Paul Craft, ma, come tanti (Steve Earle, per esempio), fino al 1986 aveva
alternato la carriera di autore sotto contratto per la RCA di Nashville,
a quella di camionista.
Poi la voglia di provarci con una breve serie di album, dall’esordio London
Moon and Barnyard Remedies, datato 1986, a cui fece seguito Caught
in the Act of Being Ourselves nel 1987 e, appunto, il passaggio alla
major BMG, che provò inutilmente a promuovere il sempre consigliabilissimo
Radartown nel 1991, disco fatto di grande letteratura e Heartland
Rock, in qualche modo vicino al tipo di canzone che ama scrivere James
McMurtry. Rank And File uscì nel 1995, ma pochi se lo ricordano,
e ad oggi si registrava solo un tentativo autoprodotto nel 2006, Atomic
Candlestick. Midnight Carnival figura essere il suo
primo album solista, visto che la denominazione dei dischi del periodo
classico veniva condivisa con i fedeli Sluggers, e racchiude una serie
di canzoni scritte negli anni e spesso prestate ad altri autori.
Come spesso accade per gli artisti che non pubblicano per tanti anni,
la prima impressione non è mai piacevole quando ci si ritrova davanti
a una voce cambiata e inesorabilmente invecchiata (d’altronde provate
ad immaginare l’effetto che avrebbe fatto Oh Mercy di Bob Dylan
sentito dopo Blood On The Tracks senza aver mai ascoltato tutti i passaggi
intermedi), e così il duo di canzoni iniziale Traveling Man (Season
1 Episode 10) e Ettress Rolls On piace ma appare un po’ sfiatato,
e forse viene dato troppo spazio alla fisarmonica dell’ex Poco Michael
Webb. Poi però la classe della vecchia guardia esce allo scoperto, e Germino
usa al meglio la poca voce che gli è rimasta per la straordinaria Lightning
Don't Always Strike The Tallest Tree, canzone che da sola vale
il prezzo del biglietto.
Il resto del disco tradisce comunque una certa artigianalità nella produzione,
nonostante la band sia composta da veterani di tutti rispetto come Kenny
Vaughan, lo storico chitarrista dei Fabulous Superlatives di Marty Stuart,
o il batterista Rick Lonow (sentito nella band del Ryan Bingham degli
esordi), e forse si poteva fare a meno di qualche brano un po’ troppo
di maniera (Blessed Are The Ones, My Oh My) visto che il
disco è lungo. Ma, qua e là, la zampata d’autore si ritrova (Carolina
in the Morning, che vede tra l’altro l’ultima registrazione
fatta dal grande pedal-steel player Rusty Young, The Greatest Song
Ever Written o Author Of My Journey).
Difficile venderlo come un grande disco nel 2021, ma già l’essersi confermato
come un gradevole ritorno di un bravo autore è un buon risultato, che
chi lo ha amato apprezzerà sicuramente.