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country renegade
di Fabio Cerbone (03/07/2021)
Scrittura umorale e ironica,
un’aria scanzonata nell’affrontare il mestiere del songwriter, suono honky
tonk, elettrico e ruspante, un po’ sudista e un po’ texano, è facile tracciare
l’identikit di Mac Leaphart, autore originario del South Carolina
partito in cerca di fortuna e fama per Nashville (la solita, vecchia storia…)
e tornato a casa dopo qualche anno per leccarsi le ferite. Nel frattempo
però, qualcosa è successo: l’affermazione alla Grassy Hill Kerrville New
Folk Competition e la collaborazione con Sadler Vaden (Jason Isbell &
The 400 Unit) per l’ep Lightning Bob nel 2018 hanno rilanciato
le quotazioni di questo ragazzo, ormai padre di famiglia, che aveva esordito
una decina di anni prima con l’album Line, Rope, Etc senza lasciare
troppe tracce dietro di sé. L’occasione si è presentata grazie all’interessamento
di Brad Jones, produttore di chiara fama (Chuck Prophet, Josh Rouse, Hayes
Carll e molti altri sotto le sue cure), che lo ha ricondotto a Nashville,
gli ha offerto il sostegno di musicisti di prima classe (violino e steel
guitar di Fats Kaplin e le chitarre di Will Kimbrough tra i tanti) per
imprimere finalmente una svolta alla sua carriera.
Music City Joke non è un miracolo, ma l’affermazione di
una scuola di autori country dura a morire, una linea che potremmo tracciare
partendo da John Prine e Jerry Jeff Walker, i padri spirituali di queste
canzoni, per farla arrivare fino a Jack Ingram, Hayes Carll e Todd Snider,
che sembrano i parenti più stretti, fratelli o cugini scegliete voi, di
Mac Leapheart quando cavalca sornione le storie di
El Paso Kid o il talkin’ sarcastico di Ballad of Bob Yamaha
or A Simple Plea in C Major, che lo stesso Leapheart definisce una
sorta di omaggio a quelle “novelty song” tipiche di certa country music
alternativa ai benpensanti di Nashville. Il tono dimesso e discorsivo
di Music City Joke è anche la sua carta vincente, honky tonk music
e radici country folk che si accomodano tra i languori di The Same
Thing e sono pronti a scattare sull’attenti con il southern feeling
di Honey, Shake!, parlando delle proprie
sfortune artistiche (il racconto autobiografico di Division Street
nel finale, o meglio ancora la presa in giro della stessa Music City
Joke, spedito country rock dal sapore rurale che si fa beffe della
capitale dell’industria musicale americana) e al tempo stesso posando
uno sguardo alle difficoltà della vita quotidiana (la dedica per la moglie
in Every Day).
Il suono brusco e casalingo del disco tiene Mac Leaphart con i piedi per
terra, pagando il giusto tributo alla lunga tradizione da cui proviene
il suo modo di fare musica: il dolce impazzare hillbilly di
That Train, il brano più accattivante della raccolta, è la
migliore testimonianza di questo atteggiamento, e anche una canzone che
sarebbe piaciuta, ne siamo sicuri, al grande John Prine.