Ma che bella sorpresa! Un pimpante debutto nell’immenso
e inesauribile mondo indie rock americano. Esordio col botto per F.Scott
& the Nighthawks, con questo Hold On to Your Heart. Quello
che sta girando nel mio lettore in questi giorni è una robusta miscela,
ben bilanciata, di rock stradaiolo, con influenze blues, southern, ma
soprattutto adrenalico rock’n roll urbano. Ho paura a sbilanciarmi, perché
poi gruppi come questo nascono e si trasformano nel giro di pochi anni,
ma se le prime sensazioni non mi ingannano, abbiamo tra le mani un progetto
davvero interessante, qualcosa che somiglia ai primi Black Crowes, Kings
Of Leon e Mother Hips per capirci, che metabolizza decenni di rock americano
attraverso Springsteen, Bob Seger, Allman, Tom Petty, Crazy Horse, e che,
smussando e levigando qualche schema standardizzato, obiettivo immagino
difficile per dei musicisti navigati come questi, può solo crescere e
maturare, per consolidarsi in un settore affollato ma eterno.
La band è un sestetto, in verità non ho molte informazioni da riferire,
si capisce che siamo dinanzi a gente scafata, ragazzi grandicelli che
si sono spaccati il fegato nei fine settimana degli ultimi decenni. Non
sono santarelli e già dalle foto e video che circolano in rete si nota
un reale stile di vita da rockers, che probabilmente li accompagna dentro
e fuori dai palchi. La musica parla per loro e per quanto mi riguarda
basta e avanza. Hold On to Your Heart parte con un pugno
in faccia e allo stomaco insieme, Everything
In è un riff crudo e potente che cavalca una debordante corsa
notturna tra fumi d’alcool e sigarette, con i giusti ingredienti che suggeriscono
i Nighthawks in modalità E-Street band. Il resto è di maniera, equilibrio
di chitarre e melodia, come in Hold on To Your Heart, titolo che
intesta l’intero album, e riempie i polmoni dell’ottimo cantante, F.Scott.
Honey Bee è la mia preferita in assoluto,
una ballad che mi ricorda tantissimo i Black Crowes di Amorica,
e che sintetizza in qualche modo influenze e stile della band.
Grande classe e soprattutto mestiere dei musicisti nelle successive Moondogs,
Outlaws, e nella countryeggiante Pegged. Emerge la provincia
americana in Stevie Girl, e il rock californiano e di frontiera
in Ringin N' My Ear,
altro piacevolissimo episodio del disco, fino al tributo ai classici (Bo
Diddley, in primis) per Rumble In The Valley, e la selvaggia run-and-gun
boogie Rattlesnake, con chiusura nelle
calme acque della ballad Saddle Up. Portiamo a casa un bel disco
di rock americano, solido nello script e ottimamente suonato, arrangiato
e registrato, e aspettiamo di capire se il combo dei “falchi della notte”-
per le prossime uscite- vorranno premiarci con una conferma che sarebbe
già sufficiente, o una crescita ulterior, visto che le carte in tavola,
per essere una rock band di spessore, ci sono tutte.